Diminuiscono grazie a una migliore sensibilizzazione delle fasce più a rischio e a una maggiore efficacia nelle cure
Si interrompe il trend negativo di fratture femorali per l’Italia, almeno in una delle fasce di popolazione più a rischio, quella femminile fra i 65 ed i 74 anni. Sono diminuite le ospedalizzazioni per questa problematica, con un numero di fratture femorali tra i più bassi registrati dal 2000 ad oggi. È quanto emerge da studio italiano sull’archivio nazionale delle schede di dimissione ospedaliera del Ministero della Salute, pubblicato sul World Journal of Ortopedics.
Calcio e vitamina D per prevenire l'osteoporosi
LO STUDIO
La ricerca è stata condotta dal dottor Prisco Piscitelli dell’Isbem (Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo), in collaborazione con l’Università di Tor Vergata di Roma, l’ateneo di Firenze e la Seconda Università di Napoli. «Per la prima volta - commenta - è stato possibile osservare una riduzione del numero di fratture femorali in un ampio sottogruppo di donne e il dato assume un valore ancora più rilevante se si considera che ciò avviene in un contesto di generale aumento del numero di ricoveri per frattura femorale in tutte le età e in entrambi i sessi. Una possibile spiegazione è che per le donne di questa fascia d’età si sia operato attivamente per la prevenzione delle fratture, che è esattamente quanto è avvenuto negli ultimi 10 anni, con la promozione di stili di vita in grado di migliorare la salute dell’osso e la diffusione delle terapie antifratturative».
MEDICINA DI GENERE: COME TRATTARE L'OSTEOPOROSI NELL'UOMO?
LA MALATTIA
L'osteoporosi sta diventando un problema sempre più di salute pubblica, a causa dell’inarrestabile invecchiamento della popolazione. Di qui l’incremento anche delle malattie croniche e degenerative: quelle cardiovascolari o, appunto, l’osteoporosi, divenuto il secondo problema sanitario più critico al mondo secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. «Non è solo questione di numeri – continua Piscitelli – perché la malattia ha ripercussioni importanti sull’invalidità, spesso permanente, sulle probabilità di successivi decessi e i costi pubblici per cura e assistenza, sempre più avvicinabili a quelli dell’infarto e degli ictus cerebrali». Diventa fondamentale, per la malattia e la sua gestione, puntare tutto sulla prevenzione, verso la quale già si dimostra una migliore attenzione «sia da parte dei medici di famiglia, sia degli specialisti - precisa Umberto Tarantino, direttore dell'unità operativa complessa di ortopedia e traumatologia della Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma, coautore della ricerca - supportata da una maggiore disponibilità e efficacia dei famaci che riducono il rischio di fratture, come sembrano confermare i risultati del nostro studio almeno in una specifica fascia di età».
PREVENZIONE
Il miglioramento, fra le donne più giovani, è anche imputabile ad una maggiore consapevolezza della malattia, sulle sue implicazioni e sulle necessarie misure di prevenzione correlate allo stile di vita (non fumare, limitare l’assunzione di caffè e alcolici) e all’attività fisica all’aria aperta, indispensabile per la stimolazione del sistema muscolo scheletrico e l’attivazione della vitamina D (prodotta direttamente dall’organismo solo con l’esposizione solare). Norme tanto più necessarie nella popolazione anziana, in cui le occasioni di incremento della sostanza sono molto più limitate. «E’ indispensabile svolgere tutti i giorni almeno 25 minuti di attività fisica continuativa – raccomanda Piscitelli - ed esporsi normalmente alla luce solare facendo attenzione ai tempi e momenti di esposizione soprattutto in estate (10-15 minuti al giorno e 20-30 minuti in inverno tra le 11 e le 15 quando i raggi UV sono più attivi), ma anche a non coprirsi troppo e impedire in tal modo l’attivazione sulla pelle dei precursori della vitamina D. Preziosa è anche l’alimentazione con l’introduzione nella dieta di due porzioni di latticini al giorno, come latte o yogurt anche parzialmente scremati o anche - una o due volte alla settimana - due porzioni di formaggio stagionato o fresco, in sostituzione del secondo piatto». Perché la prevenzione sia perfetta «sarebbe necessario – conclude lo specialista - che tutte le donne oltre i 65 anni o in menopausa da almeno 10 anni e gli uomini oltre i 75 anni di età eseguissero una densitometria ossea. Indicazione valida anche in caso di malattie o di assunzione di farmaci (cortisone o chemioterapici antiormonali) che aumentano il rischio di osteoporosi.