Le nuove tecniche operatorie puntano a preparare l’intervento con dei modelli tridimensionali dell’articolazione e di arrivare in sala operatoria con tagli più piccoli e mirati
Dopo l’introduzione delle tecniche operatorie endoscopiche, meno invasive, spesso utilizzate con l’ausilio del robot, per la chirurgia del ginocchio e dell’anca si aprono nuove strade di intervento che garantiscono un recupero della funzionalità più rapido ed efficace, con vantaggi non soltanto per il paziente, ma anche per la struttura che lo assiste. Si sa, infatti, che la ferita chirurgica è soggetta a complicanze che possono compromettere l’esito dell’operazione. Ecco perché, oggi, nelle grandi strutture ortopediche, si va diffondendo una tecnica chirurgica rispettosa delle parti molli, muscoli, tendini, articolazioni che non hanno la possibilità di ricrescita, come l’osso, ma creano una giuntura non più elastica. Il campo di applicazione di questa nuova tecnica è l’artrosi del ginocchio e dell’anca.
PROTESI
La protesizzazione totale è oggi pratica comune, affidabile e sicura, grazie anche ai nuovi materiali, innovativi, biologici e al design che fa sempre più assomigliare le protesi all’organo da sostituire. L’intervento, però, ha sempre richiesto una apertura completa dell’articolazione, a cielo aperto, per dare all’operatore la massima visione della zona da trattare. Oggi, con il contributo dell’England Orthopedic Center di Londra, la tecnica si avvale di un sistema di taglio personalizzato che permette al chirurgo una pianificazione operatoria tridimensionale, basata su immagini di Tac e Risonanza magnetica, che permettono di arrivare alla sede operatoria attraverso un taglio mirato e più piccolo.
INTERVENTO IN 3D
Spiega il professor Giuseppe Mineo, direttore scientifico dell’ospedale Gaetano Pini di Milano: «L'intervento viene studiato su un software che sviluppa il modello tridimensionale del ginocchio, stabilendo le guide di taglio. La tecnica consente di lavorare in maggiore sicurezza, con minor rischio di infezioni, di impiegare meno tempo, anche in funzione dell’anestesia, di avere una minor perdita di sangue e, soprattutto, meno danni ai tessuti muscolo scheletrici, grazie alla personalizzazione dei tagli e della protesi». In pratica l’intervento viene studiato prima a tavolino e poi in sala operatoria. «Ma la maggiore utilità è per il paziente – aggiunge il professor Bruno Marelli, capo dipartimento di orto traumatologia - perché può tornare a una funzionalità migliore dell’arto in minor tempo, dai tre ai cinque mesi, invece degli oltre sei, con un risparmio economico per la sanità pubblica».
TRAUMI SPORTIVI
Ma la chirurgia personalizzata, è indicata anche in altri campi ortopedici, in particolare quando si tratta di intervento a carico degli sportivi, che pretendono sempre una ripresa funzionale veloce. Sport e attività motoria sono solitamente ottimi alleati per forma fisica, salute e benessere. Tuttavia, se praticati in modo improprio, senza i dovuti accorgimenti, anche quando a scendere in campo sono atleti professionisti, il rischio di infortuni ed eventi traumatici non è da sottovalutare. «La ripresa funzionale, purtroppo, in questo tipo di incidente dipende dalle modalità di intervento chirurgico», dice il dottor Vittore Costa, ortopedico dell’ospedale Sant'Antonio di Padova. «E soltanto negli ultimi anni si è diffusa, provenendo dalla Francia, una tecnica di tagli minimi, ma ben studiati, che salva i tessuti molli evitando così cicatrizzazioni che ostacolano la funzionalità articolare. La novità sta nell’andare verso una chirurgia sofisticata, personalizzata, mininvasiva, che rispetta l’anatomia del singolo paziente e impegna il chirurgo nell’esecuzione di un gesto minimo ma efficace».