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Daniele Banfi
pubblicato il 13-11-2019

Le cure per l'epatite C rivoluzionano i trapianti d'organo



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Cancellando il virus dell'epatite C dal fegato, sempre più persone non necessitano più di trapianto. Ma oggi è anche possibile trapiantare quando il donatore è positivo al virus

Le cure per l'epatite C rivoluzionano i trapianti d'organo

Dire che i farmaci antivirali per l'epatite C curano definitivamente la malattia è riduttivo. Ai tanti vantaggi in termini di salute, lo sviluppo di queste molecole ha avuto l'inaspettato effetto di rivoluzionare il campo dei trapianti d'organo. Potendo curare efficacemente l'epatite C, la quota di trapianti dovuti a questa malattia sta drasticamente diminuendo. Risultato? Il trapianto comincia ad essere possibile in quei casi che sino ad oggi -come il tumore del fegato- erano spesso esclusi dalle liste d'attesa. Non solo, oggi è anche possibile trapiantare senza problemi organi da donatori positivi al virus. Uno scenario inimmaginabile solo pochi anni fa.

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GLI ANTIVIRALI AD AZIONE DIRETTA CANCELLANO IL VIRUS

Fino a poco tempo fa la cura principale per l’epatite C era rappresentata dalla somministrazione di interferone e ribavirina, molecole che avevano successo in meno della metà dei casi e che si associavano a pesanti effetti collaterali, i quali, di fatto, costringevano il malato a interrompere le terapie. Dal 2013, invece, lo scenario è radicalmente cambiato grazie allo sviluppo degli antivirali ad azione diretta. Questi farmaci agiscono in maniera specifica sul virus, impedendone la replicazione e portandolo, dunque, alla morte. Farmaci straordinariamente efficaci, con un successo prossimo ad oltre il 98%, che hanno cambiato la storia del trattamento dell’epatite C.

IL TRAPIANTO NON SERVE PIU'

A beneficiare degli antivirali è innazitutto il fegato, l'organo più colpito dal virus dell'epatite C. Togliendo il virus dal corpo è possibile infatti arrestare la malattia, prevenire lo scompenso epatico, ridurre la possibilità di insorgenza di carcinoma epatico e aumentare enormemente l'aspettativa di vita. "Prima dell'avvento di questi farmaci -spiega Pietro Lampertico, direttore della gastroenterologia ed epatologia del Policlinico di Milano- oltre la metà dei trapianti di fegato riguardava persone affette da epatite C. Ora, potendo curare con successo la malattia, stiamo assistendo ad un cambiamento radicale. Con questi farmaci infatti un buon 30% delle persone in attesa di un fegato nuovo, ritarda o addirittura esce dalle liste perché non ne ha più bisogno".

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CAMBIANO LE LISTE D'ATTESA

Uscendo dunque dalle liste d'attesa, situazioni che in passato non venivano considerate idonee per un trapianto oggi cominciano ad essere realtà. "Persone dipendenti dall'alcol con gravi danni epatici, persone con steatoepatite non alcolica (NASH) e individui con tumore del fegato oggi vengono trapiantati con molta più frequenza. L'effetto degli antivirali è anche questo, aver cambiato l'identikit del malato in attesa di trapianto di fegato" conclude Lampertico.

TRAPIANTI POSSIBILI ANCHE CON ORGANI "INFETTI"

Ma c'è di più. Se tanti individui positivi al virus escono dalle liste perchè con gli antivirali il virus scompare, altri possono donare i loro organi nonostante la presenza del virus dell'epatite C. Un vantaggio notevole poiché in questo modo aumenta considerevolmente il numero di organi disponibili. Ciò è già realtà e nel nostro Paese sono già diversi i trapianti -rene, cuore, fegato e polmone- effettuati da donatore positivo. Condizione necessaria affinché ciò si verifichi è l'immediato trattamento del ricevente con i farmaci antivirali.

Una procedura che in futuro potrebbe migliorare ulteriormente grazie ad uno studio presentato in occasione del congresso AASLD, l’American Society for the Study of Liver Diseases. La ricerca ha dimostrato che la somministrazione di una combinazione di farmaci antivirali (glecaprevir/pibrentasvir) e ezetimibe (una molecola usata nel controllo del colesterolo) nelle ore immediatamente prima del trapianto e per una sola settimana post-trapianto, è in grado di eliminare il virus e contirbuire al buon successo del trapianto.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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