I recenti casi di distruzione di embrioni mostrano impreparazione e superficialità
All’ospedale San Filippo Neri di Roma sono andati perduti 94 embrioni, 130 ovociti e cinque campioni di liquido seminale. A Milano si è saputo ora di una coppia che ha fatto causa all’azienda ospedaliera Fatebenefratelli per un cortocircuito che nella notte tra il’8 e il 9 maggio del 2007 provocò l’interruzione della corrente elettrica alla Macedonio Melloni, distruggendo tre embrioni della coppia.
TRASPORTO SICURO - L’ematologo professor Girolamo Sirchia, già ministro della Salute, è caustico: «Il fattaccio di Roma è successo pochi giorni dopo che il ministro Balduzzi aveva cancellato per decreto il grande e attrezzato centro che era stato creato al Policlinico di Milano nel 2005. Doveva essere la “casa degli embrioni” lasciati negli ospedali, e invece non ne ha mai ricevuto uno, per l’opposizione dell’Istituto Superore di Sanità che avrebbe dovuto finanziare il trasporto degli embrioni a Milano. Si è tirato in lungo, si è detto che non c’erano soldi, si è detto che l’iniziativa di Milano costava troppo. Così si sono persi sette anni. Ora si fa un decreto che annulla tutto, quando invece, davanti ai brutti casi che stanno succedendo, sarebbe stato bene fare il contrario, e riattivare questa struttura già pronta. Per fortuna qui non si è sprecato niente, e anche senza gli embrioni il centro è attivissimo: c’è una grande bio-banca di tessuti, c’è la banca del sangue da cordone ombelicale, c’è la “cell factory” per lo studio e il potenziamento delle cellule staminali.»
QUALITA’ E SICUREZZA - I casi del San Filippo Neri e della Macedonio Melloni sono venuti alla luce, ma potrebbero essere la punta del’iceberg. Cosa è successo delle altre migliaia di embrioni disseminati in almeno 50 centri ospedalieri pubblici e privati? Dice Sirchia: «Nel centro del Policlinico di Milano ci sono gruppi elettrogeni doppi per ogni settore, c’è una sorveglianza sulle 24 ore, c’è una qualità progettuale che non ha riscontro nemmeno all’estero. Ora si mandano le ispezioni nei centri dove sono successi gli incidenti, ma come si farà a metterli in sicurezza? Che cosa faranno, dopo questo po’ po’ d’incapacità dimostrata?»
Sostanzialmente d’accordo anche l’ematologo professor Giorgio Lambertenghi Deliliers: «Perché ci siano le garanzie, i centri per la conservazione degli embrioni devono rispondere a criteri di qualità, che possono essere assicurati soltanto da un’organizzazione complessa, che non è alla portata di tutti. Devono avere anche una certificazione internazionale, che è costosissima.»
BUSINESS DELL’INFERTILITA’ - Lambertenghi, che è il presidente dei medici cattolici di Milano e provincia, pone l’accento sulla necessità che i centri siano pubblici, e non privati. Dice: «Non bisogna costruire un business sul problema dell’infertilità che colpisce tante coppie. Altrimenti va a finire come negli Stati Uniti, dove le coppie vanno a comprare in un centro un embrione provvisto di pedigree, e dove non ci si fa scrupolo di vendere un embrione a una donna single.»
La «Casa degli embrioni» creata al Policlinico di Milano alla fine del 2005, e mai entrata in funzione, avrebbe potuto garantire il rispetto delle regole e l’indispensabile sicurezza, e avrebbe potuto assolvere anche la doppia funzione di ospitare non solo gli embrioni «orfani», cioè abbandonati dalla coppia, ma anche quelli per i quali è imminente un ciclo di fecondazione medicalmente assistita. Embrioni che avrebbero potuto aspettare in sicurezza il grande momento dell’inserimento in utero. Ma sarebbe stato necessario convocare a Milano le donne con questo progetto di maternità? Risponde Sirchia: «Assolutamente no. Così come si fanno viaggiare gli organi da trapiantare, così un embrione può volare da sua madre, protetto dall’azoto liquido.»