La legge sulla terapia del dolore, non solo oncologico, ha due anni, ma appena una persona su 3 la conosce e perciò solo il 5% dei sofferenti si rivolge allo specialista. L’indagine di un’associazione di pazienti in 14 città italiane
Il dolore come malattia. Malattia in sé, non importa quale ne sia la causa, e come tale da curare e lenire. Ma quante persone conoscono questo concetto e sanno cos’è la terapia del dolore? La legge che ne ha delineato la liceità e i tratti, liberalizzando tra l’altro l’uso degli oppioidi a tale scopo, è del marzo 2010, ma quanti la conoscono? L’associazione “Vivere senza dolore” ha indagato e le risposte raccolte sono sconsolanti. Si deduce che al grande pubblico è arrivato piuttosto il messaggio che ora si possono impiegare la morfina e le sostanze affini per i malati terminali e basta. La legge n. 38, invece, distingue chiaramente già nel titolo tra cure palliative per i malati terminali e cure del dolore cronico: e nei fatti è risultato che la patologia all’origine del dolore solo nel 6,6% dei casi è un cancro. Nel 93,4 % si tratta di mal di schiena, cefalee, dolore cervicale, diabetico, da herpes zoster, spessissimo (45,2%) artrosi.
CU.P.I.DO INDAGA- “Vivere senza dolore” è la prima associazione a livello internazionale fondata da pazienti a favore di pazienti che convivono con una sofferenza fisica continua. Di recente hanno riferito di un’indagine, dall’allettante nome Cu.p.i.do (Cura previeni il dolore), condotta nel corso del 2011 attraverso 14 città italiane. I sofferenti di un dolore cronico sono risultati il 67,3%, di cui oltre la metà non aveva alcuna terapia in corso. L’età media, 58 anni. A conoscenza della legge n. 38 sono risultati meno di un terzo degli intervistati, benché il 90% abbia dichiarato che la sofferenza incide sulla loro vita, in tutti gli ambiti, non ultima la famiglia.
TROPPI INSODDISFATTI- Tra quanti si curano per il dolore predomina il ricorso al medico di famiglia (57,9 %) e si rivolge al terapista del dolore solo il 6%. Il risultato è che appena il 17% si dichiara soddisfatto della cura. Come mai? Da altri dati si capisce che non è per niente entrato nella mentalità anche dei medici, sia di base sia specialisti (ma non di terapia del dolore), l’impiego degli oppioidi per contrastare la sofferenza fisica. Più del 60% di malati ricevono fans (farmaci antinfiammatori non steroidei) e solo il 17% si trova con la prescrizione di un oppioide, debole o forte. L’ignoranza e le prescrizioni non appropriate si trovano anche dentro un grande ospedale come il Policlinico Tor Vergata di Roma, che ha al suo interno un qualificato centro di terapia del dolore (Hub). Ma appena il 6,5% dei ricoverati di undici reparti, contattati dagli esponenti di Cu.p.i.do, è risultato sapere della sua esistenza, e pure dai vari specialisti è stato quantomeno ignorato: le cure antidolorifiche sono risultate prescritte da un terapista del dolore per meno di un terzo dei degenti. Forse non c’è da stupirsi se oltre la metà si sono dichiarati insoddisfatti e ancora sofferenti.
OPERARSI O NO?- Siamo lontani dall’”ospedale senza dolore” di cui gettò le basi nel 2001 Umberto Veronesi quando fu ministro della Sanità. Da lì si è partiti, dicono i presentatori dell’iniziativa Cu.p.i.do, per la legge 38, che ha poi esteso l’obiettivo a “ospedale-territorio senza dolore”. Il grande problema – ha sottolineato Marta Gentili, presidente di “Vivere senza dolore” – è l’informazione, la sensibilizzazione. Devono sapere i medici di base innanzitutto, devono pretendere i cittadini consapevoli una efficace terapia antidolorifica per sofferenze croniche che per non pochi si trascinano da anni e incidono pesantemente sulla loro vita privata e lavorativa. Quante assenze per gravi e “incurabili” lombalgie. Ma incidono anche sulle scelte terapeutiche: se il dolore all’anca non dà pace, il paziente accetterà subito l’opzione chirurgia. Ma se la sofferenza viene placata, aspetterà per farsi operare che l’impellenza sia d’ordine ortopedico.
GUARIRE SI PUO’- Per chi diffida dell’impiego di “nuovi” farmaci, per di più dall’inquietante nome “oppioidi”, va sottolineato quanto esteso, per quantità e durata nel tempo, sia l’abuso di fans e altri medicinali, presi inutilmente, e quante persone se ne “imbottiscono” continuando a vivere sotto il basto di un dolore cronico che in molti casi li porta a vagare da uno specialista all’altro senza risultati. Invece guarire dalla malattia dolore si può. Ormai c’è lo specialista giusto.
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.