Conoscere il numero di queste cellule del sistema immunitario può guidare verso la terapia più efficace. Il 19 la Giornata mondiale della BPCO
«Eosinofili, ma quanti siete?». Sembra questa la domanda chiave a cui rispondere per il più moderno approccio all’asma e alla broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco).
Ridurre il numero di questi particolari globuli bianchi, che fanno anch’essi parte delle difese immunitarie naturali, sembrerebbe infatti una strategia efficace per dominare le forme più ingravescenti delle due malattie respiratorie, che attualmente rispondono poco ai trattamenti tradizionali.
A darne notizia sono stati gli esperti pneumologi riuniti a Genova in occasione del Congresso della Società Italiana di Medicina Respiratoria, forti anche delle conferme scientifiche emerse da due studi internazionali - il SIRIUS e il MENSA - con anche una partecipazione italiana, entrambi pubblicati sul New England Journal of Medicine.
GLI EOSINOFILI
Sono cellule infiammatorie che si trovano nel sangue circolante e nei diversi tessuti e la cui quantità si correla alla intensità di alcune malattie polmonari e delle vie aree, prime fra tutte l’asma e in parte la Bpco.
Quindi arrivare a contare gli eosinofili potrebbe aiutare ad individuare i pazienti a maggior rischio di riacutizzazione di queste patologie e di conseguente decadimento funzionale e ad impostare una terapia ad hoc caso per caso. «Il numero degli eosinofili è facilmente acquisibile da un esame del sangue, molto meno oneroso della ricerca che potrebbe essere fatta anche sull’espettorato – spiega Giorgio Walter Canonica, direttore della clinica di malattie dell'apparato respiratorio dell’Università di Genova – . Si qualificano quindi, per queste patologie respiratorie, come un biomarcatore a basso costo e in grado di discriminare i pazienti più esposti a complicanze, ma anche di migliorare la sintomatologia respiratoria impostando terapie personalizzate con una ricaduta positiva, in termini di risparmio, per il sistema sanitario nazionale».
LE OPZIONI TERAPEUTICHE
Le prime evidenze scientifiche avevano attestato la capacità dei corticosteroidi inalatori di ridurre del 29 per cento il tasso di riacutizzazioni di Bpco o di asma di forma eosinofila in caso di conta degli eosinofili superiore al 2%. Ma ulteriori passi avanti, rispetto a questa terapia standard, sono stati fatti: «Si è capito che occorre bloccare alcuni fattori di crescita o di sopravvivenza, come l’interleuchina-5 ad esempio, per riuscire ad ottenere effetti maggiori e molto più mirati. Ed è questa la ragione per cui si stanno sviluppando anticorpi monoclonali proprio contro questo componente».
Al momento se ne stanno testando diversi, ma una valida azione contro l’asma eosinofila sembra essere correlata soprattutto all’anticorpo monoclonale, chiamato mepolizumab: «Due studi di fase III - aggiunge ancora Canonica - ne hanno suffragato l’impiego in caso di asma severa a componente eosinofila, confermando anche una diminuzione delle riacutizzazioni e/o dell’impiego degli steroidi inalatori rispetto al gruppo di controllo ed un miglioramento della qualità della vita». Prossimo orizzonte? È ipotizzabile che, grazie a quanto emerso da più studi di largo spettro, si potrà disporre a breve di un trattamento biotecnologico, mirato e più efficace, per questa forma selezionata di patologie fino ad oggi di più difficile gestione e cura.