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Alimentazione
Francesca Morelli
pubblicato il 08-09-2015

"Orto in condotta" e dieci in pagella, la scuola che educa a mangiare sano



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Nato da una idea americana, il progetto è diventato realtà anche in Italia. Attivo su gran parte del territorio da una decina di anni, con esiti soddisfacenti

"Orto in condotta" e dieci in pagella, la scuola che educa a mangiare sano

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498 orti in coltivazione, 204 comuni partecipanti, 16 regioni per un totale di quasi 37.400 alunni coinvolti, 1.500 insegnati e circa 19.000 genitori: sono i numeri del progetto "Orti in condotta". Una iniziativa, realizzata e monitorata nel tempo da Slow Food, che trae ispirazione da una idea di Alice Waters, vice-presidente di Slow Food Internazionale, la quale negli anni novanta a Berkeley, in California, decise di istituire il primo giardino scolastico per avvicinare i bambini e i giovanissimi alla natura educandoli al vivere sano, anche attraverso la ‘coltivazione diretta’, nata cioè dal lavoro delle proprie mani di un fazzoletto di terra, impiantato in spazi scolastici. L’idea ebbe successo e arrivò anche in Italia, dove l'"Orto in Condotta" è una realtà esistente già da una decina di anni.

 

IL PROGETTO ITALIANO

Prende avvio nel 2004, divenendo un efficace strumento per attività di educazione alimentare e ambientale nelle scuole. Ma non solo: l'"Orto in condotta" è anche un progetto di condivisione, perché unisce istituzioni, studenti, insegnanti, genitori, nonni e produttori locali, tutti partecipi dell'apprendimento e della trasmissione alle giovani generazioni dei sapori legati alla cultura del cibo, alla sensorialità del gusto, alla salvaguardia dell'ambiente, alla conoscenza del territorio e dei prodotti locali. O ancora per sviluppare la convivenza sociale.

Obiettivi da sviluppare in tre anni, durata massima del progetto, che prevede percorsi di formazione per gli insegnanti con ogni anno incontri a tema - dall’orticoltura, all’analisi sensoriale, alla storia della gastronomia e ai prodotti del territorio -, incontri con gli esperti di Slow Food, seminari per genitori e nonni ortolani. Ma soprattutto attività didattiche e pratiche per gli studenti che potranno realizzare piccoli orti in aree scolastiche dedicate nel rispetto di alcune condizioni: che la coltivazione sia biologica o biodinamica; le varietà coltivate siano quelle tipiche del territorio regionale, privilegiando prodotti che possono essere raccolti e consumati durante l'anno scolastico, non ricorrere a coltivazione di prodotti geneticamente modificati e facendo attenzione all’uso delle risorse del territorio, tra cui l’acqua.

 

DUE ESEMPI DI "ORTI IN CONDOTTA"

Esiste dal 2012 a Trieste, partito grazie al sostegno del Comune che ne ha finanziato l’avvio, coinvolgendo in maniera volontaria alcune scuole, e ottenendo una partecipazione significativa al progetto. 70 soggetti, per lo più scuole con la collaborazione di almeno 1-2 insegnanti per ogni istituto, ma anche ricreatori per ragazzi, comitati di genitori che sono importanti per dare una mano nella cura dell’orto, e anche una casa di riposo che ha partecipato e collaborato con le scuole vicine. «L’idea dell’orto come strumento didattico - racconta Andrea Godet, membro di Slow Food Trieste - è quella di favorire un avvicinamento genuino alla natura, facendo conoscere la biodiversità, l’importanza dei prodotti locali e quanto ad essi correlato come la stagionalità, l’uso oculato dell’acqua e così via».

Un’avventura che, a seconda dell’età e delle classi partecipanti, ha dato diversi frutti: «Ci siano concentrati - aggiunge ancora Gobet - soprattutto sulle verdure che crescono in primavera per motivi di calendario tra cui piselli, patate, fragole». Ma tra i ragazzi c’è anche chi ha piantato qualche fila di grano, i piccoli erbe aromatiche, o altri si sono dedicati alla preparazione dell’aceto, sbizzarrendosi secondo la fantasia. In questa bella realtà un ostacolo però c’è, perché i prodotti liberamente coltivati non possono essere poi consumati a scuola: «A Trieste, invece -conclude Gobet - l’azienda sanitaria che è diventata partner del progetto, ha steso un documento con le istruzioni che consentono di utilizzare a scuola a scopo didattico, ma soprattutto di utilizzare anche nelle mense scolastiche i prodotti dell’orto. Una conquista che sembra una cosa di senso, ma che non è così scontata e che ci ha molto inorgoglito».

 

L'ESPERIENZA IN TOSCANA

L’orto ha preso vita anche in forma innovativa all’interno della scuola primaria Matteucci, dell’Istituto Comprensivo Don Aldo Mei di Massa Maccinaia, provincia di Lucca. «La mia scuola - racconta la maestra di italiano Ada Barone - aderisce da una decina d’anni al modello di ‘scuola senza zaino’ dove si punta molto a sviluppare l’autonomia e la responsabilità dei bambini, caratteristiche comuni anche al progetto ‘Orto in condotta’». Il quale, qui, non si fermerà alla coltivazione tradizionale di piccole pianticelle. «Alla fine di quest’anno scolastico – prosegue la maestra - il Comune ha proposto a tutti gli istituti comprensivi della zona di passare alla mensa self-service, secondo una metodologia traghetto, cioè con un banco caldo a cui i bambini dovevano servirsi passando ciascuno con il proprio vassoio e poi andarsi a sedere.

Di contro abbiamo promosso che il self- service diventasse davvero tale, prevedendo che ad ogni tavolo vanga servito un vassoio per il numero dei componenti dal quale i bambini si serviranno da soli». Una occasione per lavorare sui piccoli anche sulla capacità di controllo del cibo e di autocontrollo nell’assegnarsi le porzioni affinché nessuno resti senza cibo che sarà anche affiancata una volta al mese dal ‘giorno del gusto’ in cui i bambini, dai più piccoli ai più grandi, potranno fare delle degustazioni sensoriali, gustative, olfattive del cibo, conosciuto anche attraverso delle schede di approfondimento. «Cercheremo poi di coinvolgere negli interventi educativi anche i genitori – spiega ancora la maestra - perché tanti sforzi si bloccano se a casa esistono realtà contrastanti o poco sane. Infatti da quest’anno abbiamo cominciato con i bimbi della prima a sostituire le merende confezionate con la frutta, modificando un comportamento importante a scuola».

Il tutto in una dimensione anche didattica: «Nelle nostre classi - conclude la maestra Barone - abbiamo unito l’esperienza dell’orto con l’apprendimento della lettura e della scrittura. Ovvero ogni nuova lettera dell’alfabeto è presentata con un frutto o una verdura con quella iniziale, portato in aula, studiato e descritto nelle sue caratteristiche e poi degustato. Una esperienza, questa, che ha rinforzato molto l’apprendimento della lettura diventato, per i piccoli, un gioco importante sia dal punto di vista educativo che didattico».


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