Rifiutare cibi nuovi o sconosciuti è molto frequente nei bambini piccoli. Quali sono le cause della neofobia e qual è l’approccio migliore per superarla?
Quando i bambini piccoli si rifiutano di assaggiare le pietanza che vengono loro presentate, spesso non si tratta di capricci, ma di neofobia alimentare, un tratto della personalità definito come riluttanza a provare alimenti nuovi o sconosciuti. Questo comportamento molto diffuso è in grado di influenzare in maniera significativa le abitudini alimentari dei più piccoli, creando preoccupazione e frustrazione nei genitori.
QUANDO SI INSTAURA?
La neofobia si instaura tipicamente in età prescolare, fra i 2 e i 6 anni. Come mai non prima?
«Bambini molto piccoli, di uno o due anni – spiega la professoressa Caterina Dinnella, docente di Scienze dell'alimentazione all'Università di Firenze –, in genere non sono affatto neofobici e normalmente assaggiano senza problemi anche i cibi più strani, addirittura piccanti. Se a proporglieli sono persone nella quali hanno fiducia non hanno motivo di dubitare che quello che viene loro offerto sia buono e non dannoso. La neofobia si instaura quando i bambini sono più grandi, iniziano a camminare e a poter accedere al cibo con maggiore autonomia».
LE ORIGINI DELLA NEOFOBIA
Per capire le basi della neofobia e il suo significato adattativo, ovvero la capacità di adattarsi alle circostanze, influenzati dalle nostre esigenze, bisogna andare molto indietro nel tempo.
«I nostri antenati vivevano in un ambiente ostile in cui era vantaggioso rimanere lontani dai cibi sconosciuti dei quali non si aveva esperienza – prosegue Caterina Dinnella –, per evitare di ingerire alimenti potenzialmente dannosi e di avere conseguenze post-ingestive spiacevoli, e anche molto severe. Dal punto di vista adattativo, quando i bambini iniziano ad acquisire sempre maggiore autonomia, inizia anche a manifestarsi in maniera molto evidente la neofobia, per proteggerci dall'assunzione di sostanze pericolose che non conosciamo. È un tratto arcaico, molto importante dal punto di vista evolutivo per la protezione della specie, che si è mantenuto nel tempo e che ad oggi, con la larga disponibilità di cibo sicuro puo essere considerato un tratto maladattivo».
Come mai si manifesta nei bambini?
«I bambini hanno in generale un livello di familiarità relativamente basso con molti alimenti, quando viene loro presentato un cibo nuovo non riescono a categorizzarlo come sicuro, innocuo. Non essendo in grado di verbalizzare questo concetto e, nel timore “ancestrale” che un alimento nuovo possa far loro male, non arrivano nemmeno ad assaggiarlo, ma si limitano a rifiutarlo».
L’ASILO NON C’ENTRA
Il picco naturale della neofobia coincide con l’introduzione del bambino all’asilo. Pensare che sia proprio il nuovo ambiente a scatenare questa risposta nei più piccoli potrebbe risultare scontato, ma non dobbiamo cadere in questo errore.
«Le famiglie considerano le conseguenze dell’espressione della neofobia alimentare in relazione all’inserimento in un ambiente nuovo – riflette la professoressa Dinnella –, dove temono che il cibo non sia soddisfacente o che i bambini non stiano bene. Bisognerebbe invece sapere che questo è un tratto che si manifesterebbe ad ogni modo, anche in casa, in maniera più o meno evidente in base alle caratteristiche peculiari di ogni bambino. Colpevolizzare l'ambiente scolastico, dunque, non ha alcun senso, trattandosi di un tratto innato».
I CIBI PIÙ ODIATI
Gli alimenti maggiormente rifiutati dai bambini sono sicuramente verdure e frutta, ma non solo.
«Oltre alla frutta e alla verdura – spiega Caterina Dinnella –, i bambini fortemente neofobici tendono a rifiutare anche alimenti molto proteici come ad esempio la carne, e molto calorici. I bambini tendono a rifiutare i cibi che non riconoscono, magari anche solo presentati sotto una forma diversa o con un aspetto complesso (diversi colori, diverse forme tutte insieme). Questo è il motivo per cui la pasta in bianco, nella sua semplicità, raramente scatena il rifiuto. Alcuni bambini, non sperimentando metodi per aumentare la familiarità con un repertorio più ampio di alimenti, potrebbero trascinare l’avversione per un gran numero di cibi anche nell’età adulta.
COME SUPERARE LA NEOFOBIA?
Come fanno i genitori ad aiutare i propri bambini a superare la neofobia e a far sì che incomincino quanto prima ad assaggiare e gustare una gran varietà di cibi?
«Intervenire per superare la neofobia allargando il repertorio dei cibi conosciuti – rassicura la Dinnella –, è possibile aumentando la familiarità dei bambini con questi prodotti, che andrebbero presentati in una forma riconoscibile, così che con il tempo siano disposti ad assaggiarli, in quanto ormai familiari. La carota, ad esempio, se mostrata nella sua forma originale verrà riconosciuta come cibo noto e sicuro e maggiori saranno le possibilità che venga accettata. Frullare o grattugiare il cibo, mescolarlo con ingredienti che ne mascherano il sapore, ad esempio, non è una buona idea finché il bambino non avrà raggiunto familiarità con gli alimenti nella loro forma naturale».
I CONSIGLI PER I GENITORI
Nel concreto, i genitori, per aumentare la familiarità con i cibi che solitamente vengono rifiutati dai più piccoli possono «sfruttare la lettura – consiglia Caterina Dinnella –, magari con un libro che raffiguri i vari alimenti, e la dimensione del gioco. Aiutare in cucina quando si prepara da mangiare permette ai bambini di manipolare, osservare, annusare e magari assaggiare gli alimenti nella loro forma originale. Inoltre, seguendo il processo di preparazione del piatto, i bambini avranno meno timore di un cibo presentato in una forma per loro strana e inusuale. La strategia è sempre volta ad aumentare la familiarità con una gran varietà di alimenti fin da molto piccoli, magari sfruttando il confronto tra pari come fratelli, cugini o amichetti della stessa età con un comportamento più aperto nei confronti del cibo che possono svolgere un ruolo di “testimonial” affidabili.
Ad ogni modo, in assenza di patologie concomitanti, la neofobia alimentare nei bambini non deve preoccupare i genitori. È una fase tipica dei bambini, destinata a risolversi spontaneamente con la crescita.
COSA NON FARE
Scopriamo invece le cose da evitare per non peggiorare e prolungare la neofobia.
«I bambini non riescono a comprendere i vantaggi, in termini di salute, che un alimento apporta. Dire: “mangia che ti fa bene”, non è di alcuna utilità», spiega la professoressa Caterina Dinnella. «Nelle prime fasi, fino a che non sarà raggiunta una buona familiarità con l’alimento, meglio evitare di proporre cibi dalle consistenze disomogenee o con l’aggiunta di spezie o erbe come il prezzemolo, e in generale qualunque cosa che visivamente cambi l’aspetto del piatto. Il fatto che compaiano “macchiette verdi” o disomogeneità, arcaicamente rimanda all’idea che il cibo possa essere contaminato, cosa che nel bambino scatena il rifiuto. Da preferire preparazioni semplici che creino un chiaro rimando all’alimento nella sua forma e nel suo sapore originari: più uno stimolo è complesso, più il bambino farà fatica a riconoscerlo, più tenderà a rifiutarlo. Da evitare qualunque forma di costrizione, così come il sistema della ricompensa. Dire a un bambino che se mangia la verdura gli verrà fatto un regalo significa ammettere che quello che gli viene proposto è qualcosa di cattivo che ha bisogno di un premio come consolazione».
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Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile