Il consiglio arriva dopo una grande ricerca che dimostra il rischio di molte infezioni batteriche, soprattutto in bambini e anziani e donne in gravidanza
Come tutti i cibi crudi, sicuro al cento per cento non è: il latte non pastorizzato, molto diffuso fino al diciannovesimo secolo e tornato in auge negli ultimi anni, può essere una fonte frequente di tossinfezioni alimentari. L’ultimo allarme giunge dagli Stati Uniti, dove il consumo della bevanda cruda è più diffuso che alle nostre latitudini.
LA RICERCA
Numeri alla mano, secondo i ricercatori del Dipartimento della Salute dell’università del Minnesota, una persona su sei, dopo aver bevuto latte crudo, si ammalerebbe: colpita da infezioni batteriche o parassitarie.
Al termine di una ricerca condotta tra il 2001 e il 2010, i cui risultati saranno pubblicati a gennaio su Emerging Infectious Diseases, i microbiologi statunitensi - attraverso moderne metodiche di biologia molecolare - hanno riscontrato in laboratorio 530 casi di infezione. Ma poiché per molti di essi non è giunta la conferma di laboratorio, gli autori dello studio stimano una casistica dei contagi ben più corposa: «Oltre 20500 abitanti del Minnesota, poco meno del 20% dei consumatori di latte crudo». Gli agenti patogeni individuati più di frequente: campylobacter, escherichia coli, salmonelle, cryptosporidium (un parassita). I sintomi delle infezioni scaturite sono solitamente leggeri o moderati: diarrea, dolori addominali, febbre, mal di testa, nausea e vomito. Ma le gravi conseguenze non sono da escludere, se un’infezione da escherichia coli verocitotossico può provocare, soprattutto nei bambini, la sindrome emolitico-uremica, in grado di generare anche gravi forme di insufficienza renale.
QUALI RISCHI SI CORRONO NEL CONSUMARE LATTE CRUDO?
LA SITUAZIONE ITALIANA
Era il 2004 quando la vendita del latte crudo - non trattato e acquistabile direttamente presso gli allevatori, in supermercati o in luoghi pubblici - iniziava anche in Italia, dopo l’ok giunto da Bruxelles. Se fino al 2010 i consumi sono stati sempre in ascesa, da qualche anno si registra una lieve frenata. Da una parte si continuano a sottolineare i rischi per la salute: limitati, ma pur sempre presenti. Dall’altra c’è ancora una buona fetta di popolazione convinta che ciò che sia crudo e naturale sia più buono e salutare per l’organismo. «La scelta del latte crudo è guidata da motivazioni socio-economiche - spiega Giorgio Varisco, direttore scientifico dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna -. C’è chi lo acquista perché lo ritiene in linea con uno stile di vita ecologico. E chi lo considera più gustoso, sebbene i moderni processi di microfiltrazione e pastorizzazione permettano di conservare proprietà organolettiche e i valori nutritivi degli alimenti». In Italia la ricerca di microrganismi patogeni nel latte crudo dà spesso risultati confortanti, ma è bene sapere che la sterilità del prodotto non esiste e il rischio, per quanto riducibile, non potrà mai essere pari a zero.
LE RACCOMANDAZIONI
Sul sito del Ministero della Salute e su tutti i distributori di latte crudo campeggia un’indicazione che non andrebbe mai snobbata: «Da consumare a seguito della bollitura». Ma poiché controllare le operazioni degli italiani in cucina non è mai possibile - anche se dallo studio pubblicato sul Journal of Food Protection emerge come più di un terzo dei consumatori non sottoponga il latte a bollitura e il cinque per cento di essi siano bambini di età inferiore a cinque anni -, gli esperti raccomandano a bambini, anziani, donne in gravidanza e pazienti immunodepressi di continuare a bere il latte pastorizzato.
«Ci sono diversi studi che dimostrano come anche gli animali da latte sani possano portare alcuni di questi microrganismi patogeni sulle loro mammelle - afferma Yvonne Maldonado, pediatra ed esperto di malattie infettive all’università di Stanford -. Se ingeriti, attraverso il latte ma anche tramite i formaggi la cui materia prima non è stata pastorizzata, possono causare gravi malattie nei giovani e nelle donne in gravidanza». Dagli Usa giunge un diktat. «Abbiamo inventato la pastorizzazione per evitare la diffusione di queste malattie. Non c’è dunque alcun motivo per bere il latte non pastorizzato».
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Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).