Tre quarti dei pazienti affetti da anemia falciforme vive in nazioni dove è difficile accedere alle terapie di base. Essere curati con Crispr rimane un miraggio
Regno Unito, Stati Uniti ed Europa. Exa-cel, la prima terapia genica al mondo a sfruttare la tecnica Crispr, nei prossimi mesi potrà essere somministrata in questi Paesi per la cura dell'anemia falciforme e della beta-talassemia. Un traguardo storico che non deve però fare dimenticare le difficoltà di accesso alle terapie per questo genere di malattie del sangue. Un esempio su tutti è quello relativo all'anemia falciforme: tre quarti dei pazienti affetti vive in aree del pianeta dove è difficile accedere anche alle cure di base.
CORREGGERE IL DIFETTO GENETICO CON CRISPR
Negli ultimi anni, complice lo sviluppo di tecniche di manipolazione del Dna, sono state messe a punto diverse terapie geniche volte a riprisitinare il corretto funzionamento dei geni mutati. L'idea di fondo è semplice: dal momento che le malattie genetiche sono causate da un difetto in un determinato gene, inserendo dall'esterno una copia funzionante è possibile ristabilire la corretta funzione di quel gene. Per quanto riguarda le malattie del sangue ciò è relativamente più semplice. Ad oggi sono diverse le patologie che possono essere trattate con questo approccio. Dal 2012 però, anno di invenzione della tecnica Crispr (le inventrici hanno vinto il Nobel per la Chimica nel 2020) le cose sono iniziate a cambiare. Se la terapia genica classica prevede l'inserzione di un gene, con Crispr è possibile correggere il Dna originale senza dover per forza inserire un gene proveniente dall'esterno. Una possibilità davvero allettante poiché attraverso questi metodi è possibile controllare più finemente l’espressione del gene corretto, distruggere i geni malfunzionanti e più in generale convertire direttamente il gene difettoso in gene funzionante. Malattie come beta-talassemia e anemia falciforme ben si prestano a questo tipo di soluzione.
LA CURA PER L'ANEMIA FALCIFORME
Nel caso dell'anemia falciforme il corpo produce delle forme anomale di emoglobina, la proteina che trasporta l'ossigeno contenuto nei globuli rossi nei diversi tessuti. Il nome "falciforme" deriva proprio dalla forma del globulo rosso. Rigidi e di forma irregolare, possono facilmente ostruire i vasi più piccoli causando così fortissimi dolori e danneggiando organi e tessuti. Non solo, a causa della loro forma attraversano con difficoltà i piccoli vasi sanguigni e vengono distrutti rapidamente dalla milza: invece di vivere come di norma per circa 120 giorni, sopravvivono soltanto per 10-20 giorni. Negli ultimi dieci anni, grazie allo sviluppo della Crispr, gli scienziati sono riusciti nell'impresa di correggere il difetto genetico. Nel trial clinico che ha portato all'approvazione di Casgevy -questo il nome commerciale della terapia- 29 pazienti su 31 hanno visto scomparire le crisi dolorose associate alla malattia.
LE NAZIONI DIMENTICATE
Ma la vera sfida nella cura dell'anemia falciforme non è stata la dimostrazione dell'efficacia di della terapia genica con Crispr. Le difficoltà arrivano ora perché la maggior parte delle persone che potrebbe beneficiarne non vivono in quei Paesi dove Casgevy sarà disponibile. Secondo una stima pubblicata da The Lancet Haematology lo scorso giugno solo il 2% delle persone affette da tale malattia e potenziali candidati al trattamento vivono tra gli Stati Uniti, Italia, Gran Bretagna, Francia, Germania ed Arabia Saudita, nazioni in cui la Crispr verrà somministrata nei mesi a venire. Ma c'è di più: tre quarti dei malati vivono in nazioni dove la Crispr non potrà essere somministrata. Volendo fare un paragone numerico, se negli Stati Uniti si stimano 20 mila malati, nell'Africa Sub-Saharia siamo a diversi milioni.
Ma in un mondo globalizzato, dove l'accesso all'informazione è sempre più veloce ed immediato, le voci di una cura definitiva sono arrivate anche laddove queste terapie difficilmente vedranno la luce. A testimoniarlo è un reportage pubblicato dal New York Times in cui si racconta del passaparola via Whastapp tra le madri dei bambini affetti dalla malattia. Passaparola fatto di entusiasmo per l'aver trovato una cura e di delusione una volta conosciuto il prezzo. Attualmente, secondo quanto comunicato dall'azienda produttrice, il prezzo è fissato in circa 2 milioni di euro. Una cifra ingente già per i Paesi industrializzati -sostenibile con molte difficoltà tramite un sistema sanitario o un fondo assicurativo- figuriamoci per nazioni dove il reddito medio annuo non supera i 2 mila dollari, come nel caso della Nigeria.
L'OSTACOLO NON È SOLO IL COSTO
Il prezzo della terapia non è però il solo ostacolo alla sua diffusione. Quando si parla di medicinali si è spesso portati a pensare ad un qualcosa di facilmente somministrabile, come le tante compresse che ogni giorno vengono assunte. Nel caso della terapia genica con Crispr il discorso è completamente differente. A giocare un ruolo cruciale sono le infrastrutture: Casgevy è un vero e proprio trapianto di cellule staminali. Si devono prelevare dal paziente, modificare in laboraratorio e successivamente re-infondere nel malato. Non solo, prima del trapianto la persona deve essere sottoposta ad una chemioterapia per cancellare qualsiasi traccia di cellule staminali del sangue e questo richiede una lunga degenza. Solo centri ospedalieri attrezzati sono in grado di erogare un servizio del genere. Ecco perché il primo passo per arrivare ad estendere queste terapie anche nelle zone dove più servirebbero deve essere il sostegno allo svuluppo delle infrastrutture.
CURE DI BASE INACCESSIBILI
A complicare ulteriormente lo scenario è l'accessibilità alle cure di base. Se la terapia genica Crispr rappresenta la cura più all'avanguardia per l'anemia falciforme, ciò non significa che non esistano altre terapie in grado di migliorare la qualità di vita dei malati. Per i casi più gravi di anemia falciforme una delle possibili cure è rappresentata dal trapianto di midollo da donatore. Questa procedura però si effettua solo in pochi casi perché i rischi legati al trapianto sono elevati. Ma in nazioni dove mancano spesso le infrastrutture, anche un "semplice" trapianto di midollo è un miraggio e quei pochi che vengono effettuati riguardano pazienti facoltosi. Pazienti che, in assenza di prospettive di cura, cominciano a recarsi in altre nazioni come l'India. Ma senza spingerci su cure all'avanguardia, in molti Paesi dell'Africa Sub-Sahariana è difficile accedere anche alle cure con idrossiurea, un farmaco semplice e molto poco costoso in grado di alleviare parzialmente gli effetti della malattia. Non solo, ciò che manca in queste nazioni è anche un programma di screening per la diagnosi precoce dell'anemia falciforme. Se non diagnosticata, il 50% dei bambini muore entro i 5 anni di vita per gli effetti della polmonite aggravata dall'anemia. Vite che si potrebbero facilmente salvare con la somministrazione della penicillina a scopo profilattico se solo si sapesse di essere affetti dalla malattia.
Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.