Lo affermano le autorità tedesche, ma il focolaio dell’infezione resta sconosciuto. Enrica Galli, esperta microbiologa, spiega: «Inutile temere la verdura fresca, meglio curare le norme igieniche di base, prima fra tutte il lavaggio delle mani»
UN OSPITE NORMALMENTE INNOCUO - Chiediamo aiuto a Enrica Galli, già Professore di Microbiologia generale all’Università degli Studi di Milano,e responsabile dell’ l’Unità di ricerca di Biologia molecolare dei procarioti e biotecnologie microbiche. «L’Escherichia Coli è un microrganismo che si trova come componente normale della microflora intestinale dell’uomo e altri mammiferi – spiega -. Significa che tutti noi lo ospitiamo senza nessun danno. E’ un batterio innocuo, anzi, esercita una sua funzione all’interno del “microbioma intestinale” che interagisce positivamente con l’organismo animale nello svolgimento di diverse funzioni metaboliche e nella difesa innata contro microrganismi patogeni . Il suo habitat naturale è sempre l’intestino e la sua diffusione avviene sempre per via fecale. Tant’è vero che l’E. coli viene sempre ricercato nei laboratori di analisi ambientale e alimentare come indice di contaminazione fecale di acque, suolo, alimenti».
VARIANTI NOCIVE – Che cos’ha dunque di diverso il batterio che sta facendo danni seri in Germania? «Sappiamo che ci sono ceppi diversi di E. coli, alcuni dei quali sono enteropatogeni, cioè provocano infezioni, diarrea e in alcuni casi producono tossine pericolose – risponde Enrica Galli -. Alla base di queste differenze c’è uno scambio di materiale genetico. Se osserviamo il genoma di un batterio enteropatogeno, infatti, troviamo sequenze di DNA che non ci sono in quelli innocui, situate in regioni “flessibili” del genoma acquisite nel tempo da DNA dello stesso o di altri batteri». Il batterio tedesco, identificato come O104, provoca diarrea emorragica e secondariamente produce una tossina che va a danneggiare i reni. Il rischio più serio è la sindrome uremico-emolitica (HUS), potenzialmente fatale, caratterizzata da insufficienza renale acuta e gravi alterazioni del sangue. «Di solito è un ceppo particolarmente pericoloso per le persone che hanno le difese immunitarie compromesse, oppure bambini o anziani, anche se questa volta molte delle vittime sono adulti» osserva la professoressa Galli.
LE TANTE FACCE DELL’E. COLI - Molte varianti dannose dell’E. coli sono note da tempo e sono state classificate in 4 classi a seconda delle loro caratteristiche. «Le chiamiamo “isole di patogenicità” – spiega Enrica Galli – un termine efficace per definire quelle aree cromosomiche dove ci sono geni che regolano una serie di particolari fattori di virulenza, che a loro volta determinano la capacità di nuocere del batterio». Fra gli E. coli enteropatogeni si distinguono: gli E. coli enteroemorragici (in sigla EHEC), che come il 104 balzato alle cronache europee, possono provocare diarrea emorragica e sindrome uremico-emolitica (HUS); gli E. coli enteroinvasivi (EIEC), che possono provocare dissenteria e febbre; gli E. coli enteropatogeni (EPEC), causa di diarrea liquida a volte con perdite di sangue, una delle principali cause di diarrea infantile nei paesi in via di sviluppo; gli enterotossici (ETEC), che colpiscono bambini e turisti nelle zone meno sviluppate del mondo, provocando diarrea di varia intensità, senza febbre. All’interno della stessa classe ci possono essere delle varianti.
EPIDEMIA CIRCOSCRITTA - Quanto dobbiamo preoccuparci per questa nuova infezione? «Non è la prima e non sarà certo l’ultima – risponde Enrica Galli - . Per quanto ne sappiamo l’infezione è circoscritta a un’area precisa, quella di Amburgo, anche se a distanza di settimane non si è ancora identificato con certezza il focolaio. Il sospetto è che sia localizzato nelle deiezioni dei bovini, può essere ad esempio che un’azienda zootecnica abbia contaminato la falda acquifera con i liquami, oppure l’acqua usata per irrigare i campi o che liquami infetti siano serviti come fertilizzanti. Anche le carni crude di bovino potrebbero veicolare il batterio».
IL CONSIGLIO PIU’ SEMPLICE: LAVARSI LE MANI - Quali precauzioni prendere? «Inutile e dannoso rinunciare alla verdura fresca, mentre è importante tenere presente che la via di contaminazione è sempre oro-fecale. Quindi – prosegue l’esperta microbiologa - mi infetto se tocco con le mani o ingerisco alimenti che sono venuti a contatto con materiale contaminato. A prescindere da questa particolare emergenza, ci sono poche, semplici norme igieniche di base che se rispettate in casa e in comunità ci assicurano una discreta protezione: lavare spesso e accuratamente le mani con sapone, strofinandole bene (importante l’azione meccanica). Conta meno l’acqua calda, poiché l’E. coli cresce anche a 45 gradi, mentre sono utili i prodotti igienizzanti se non si ha a disposizione dell’acqua».
IGIENE IN CUCINA - E con gli alimenti? «Tutto ciò che viene sottoposto a cottura determina la morte del microorganismo e le sue eventuali tossine. La frutta e la verdura che si mangiano crude vanno lavate accuratamente, anche usando una spazzola, sbucciate quando è possibile. Se si è in zone dove le condizioni igieniche sono dubbie, meglio bere acqua in bottiglie chiuse. I prodotti lattiero-caseari sono in genere pastorizzati, significa che sono stati sottoposti a temperature tali da uccidere i microorganismi senza danneggiare le proprietà organolettiche e nutrizionali. Se si maneggia carne cruda, - conclude Enrica Galli - le mani vanno lavate prima e dopo, così come utensili e taglieri».
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.