I due approcci si equivalgono nel breve termine ma entro un anno dal trattamento antibiotico il 34% dei bambini viene sottoposto a rimozione chirurgica
Nei casi di appendicite acuta non perforata dei bambini, il trattamento chirurgico è da preferirsi al trattamento antibiotico. Un dato esattamente in linea con quanto si osserva negli adulti. A ribadirlo è uno studio da poco pubblicato sulla rivista The Lancet. Un risultato che conferma come l’antibiotico possa avere un ruolo solo in situazioni particolari ma non rappresenti un’alternativa equivalente sul lungo termine all'appendicectomia.
CHE COS'È L'APPENDICITE?
L’appendicite è un’infiammazione acuta dell’appendice, una piccola estensione dell’intestino crasso. Il sintomo principale è un dolore addominale acuto, localizzato inizialmente nella zona ombelicale e poi spostato nel quadrante inferiore destro dell’addome. Se non trattata l’appendicite può perforarsi portando alla peritonite, una condizione grave che può causare infezioni sistemiche che possono portare anche alla morte.
COME SI INTERVIENE?
Negli ultimi decenni all'approccio chirurgico classico che prevede l'asportazione dell'appendice è stato affiancato un approccio più conservativo, riservato ai casi senza complicanze, che prevede la somministrazione di antibiotici utili a "spegnere" l'infiammazione. «Queste due strategie di intervento -spiega il dottor Andrea Conforti, Responsabile di Chirurgia Neonatale e Pediatrica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù- in sé sono sovrapponibili per efficacia. Diversi studi effettuati in passato negli adulti hanno dimostrato che l'utilizzo dell'antibiotico non è inferiore alla chirurgia nel risolvere l'evento acuto. Nel 30% dei casi però i pazienti trattati con antibiotico vanno incontro a recidiva entro un anno. Una situazione che richiede il ricorso alla chirurgia».
PREFERIRE LA CHIRURGIA
Lo studio da poco pubblicato su The Lancet ha voluto analizzare la situazione anche nei pazienti pediatrici. L'analisi ha coinvolto 936 bambini tra i 5 e i 16 anni con appendicite non perforata, reclutati in 11 ospedali tra Canada, USA, Finlandia, Svezia e Singapore. I pazienti sono stati assegnati casualmente a due gruppi: uno trattato con antibiotici e l’altro con appendicectomia. Anche in questo caso, dopo un anno, il 34% dei bambini trattati con antibiotici ha dovuto comunque essere operato. «Questi risultati -prosegue Conforti- confermano come per gli adulti che l’antibiotico, pur rappresentando una possibilità iniziale, non garantisce una risoluzione definitiva della patologia e può portare a recidive che rendono inevitabile l’appendicectomia». A rendere ancor più solida la preferenza per la chirurgia è il fatto che negli anni l’intervento è diventato sempre meno invasivo. «Le tecniche chirurgiche moderne -spiega l'esperto- hanno ridotto al minimo l’impatto dell’operazione, rendendola una procedura sicura e con una rapida ripresa per i bambini. L’appendicectomia laparoscopica, oggi standard di cura, comporta un recupero post-operatorio breve e un rischio minimo di complicanze».
QUANDO VIENE UTILIZZATO L'ANTIBIOTICO?
Nonostante i dati a favore della chirurgia, il trattamento antibiotico può rappresentare comunque un’alternativa per casi specifici «L’approccio antibiotico può essere riservato, ad esempio, a bambini molto fragili che hanno subito importanti interventi chirurgici e non possono essere operati immediatamente. In altri casi la scelta di questa strategia può essere legata anche a limitazioni della struttura ospedaliera. L’antibiotico può essere considerato un valido approccio per quei centri in cui non sono presenti le competenze necessarie per effettuare l’intervento» conclude Conforti.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.