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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 31-01-2014

Si trova nella flora intestinale la causa del linfoma



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E’ questa l’ipotesi di ricercatori californiani che hanno trovato nell’intestino i batteri specifici che favorirebbero l’insorgenza della neoplasia. La ricerca è per ora è a livello di cavie animali ma se confermata le prospettive sarebbero molto promettenti

Si trova nella flora intestinale la causa del linfoma

La possibile causa, ma anche una potenziale soluzione, risiedono nello stesso habitat: l’intestino, i cui batteri potrebbero essere in diverso modo coinvolti nello sviluppo del linfoma diffuso a grandi cellule B, più frequente nella popolazione adulta e caratterizzato dal coinvolgimento di una sede esterna ai linfonodi.

Uno studio pubblicato su Cancer Research ha evidenziato per la prima volta l’associazione tra la composizione del microbiota (il microbiota umano è l'insieme di microorganismi  che si trovano nel tubo digerente dell'uomo e che una volta si chiamava flora intestinale)  e l’insorgenza del linfoma. Il tutto su modelli murini, però: ovvero il primo passo della ricerca.

Ne serviranno altri prima di poter affermare con certezza che dall’intestino si può predire il rischio di sviluppare la neoplasia, ma lo spunto lanciato è già interessante.

 

L’EVIDENZA

Il gruppo di ricercatori californiani ha lavorato su un topo affetto da atassia teleangectasia, una malattia autosomica recessiva che aumenta notevolmente la suscettibilità ai linfomi. Si stima che il 35% dei pazienti che ne soffrono sviluppa nel corso della vita una neoplasia: la più diffusa, tra queste, è il linfoma non-Hodgkin a cellule B.

Considerato il punto di partenza, i ricercatori hanno creato un catalogo dettagliato dei batteri associati alla promozione e di quelli che, al contrario, favorirebbero alcuni effetti protettivi sulla genotossicità della neoplasia. «L’auspicio è di utilizzare questi dati in futuro per creare terapie combinate che, con il medesimo effetto degli antibiotici, uccidono i batteri protagonisti della promozione della malattia». Il confronto tra i topi malati e quelli sani ha evidenziato notevoli differenze nel microhabitat intestinale.

«Mai era stata fatta una simile associazione, anche se oggi sappiamo che alcune infezioni del tubo digerente facilitano l’insorgenza del linfoma - commenta Paolo Corradini, direttore della scuola di specializzazione in ematologia all’Università Statale di Milano -. E’ il caso dell'Helicobacter Pylori associato ai linfomi gastrici o del virus dell'epatite C che può innescare alcuni linfomi indolenti. In questi casi è documentato il beneficio a carico della neoplasia provocato dalla terapia antinfettiva».

 

LA CHIAVE IN UN LATTOBACILLO?

L’attenzione dei ricercatori si è concentrata su Lactobacillus Johnsonii, un batterio della flora intestinale coinvolto in diversi processi fermentativi e inserito nell’ampia categoria dei probiotici. Dallo studio è emersa la capacità di questo microrganismo, meno diffuso nei topi ammalati, di ridurre la genotossicità sistemica e lo stress ossidativo. Per questo motivo gli scienziati si sono chiesti: «Perché non somministrarlo per vedere l’effetto che fa?». L’analisi del genoma batterico ha confermato le indicazioni positive, evidenziando una regione che codifica per una proteina coinvolta nella dissoluzione dei meccanismi di difesa dell’ospite. Ecco l’ennesimo indizio che consiglia di lavorare sulla popolazione batterica intestinale per ridurre il rischio di sviluppare nuove neoplasie.

@fabioditodaro

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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