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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 16-05-2017

Pravettoni: «Servono cure più umanizzate per i malati oncologici»



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Nelle parole della psiconcologa, segretario generale del forum internazionale sull'empowerment del paziente oncologico, al via oggi a Milano, il ricordo di Umberto Veronesi: «Più difficile eradicare la malattia dalla testa e non dal corpo dei pazienti»

Pravettoni: «Servono cure più umanizzate per i malati oncologici»

Il vocabolo non ha una traduzione specifica. Ma quando si parla di «empowerment», gli specialisti ormai si trovano d’accordo. «Il termine è utilizzato anche in Italia e sta a indicare il coinvolgimento del paziente nelle scelte che riguardano la propria salute», chiarisce Gabriella Pravettoni, direttore della divisione di psiconcologia all’Istituto Europeo di Oncologia e ordinario di psicologia delle decisioni all’Università degli Studi di Milano, che del primo forum internazionale sull’«empowerment» dei pazienti oncologici, organizzato in collaborazione tra l'Università Statale e la Fondazione Umberto Veronesi, è stato il deus ex machina.

 

Da dove nasce l’idea di riservare due giorni allo sviluppo del rapporto medico-paziente?

«I pazienti, oggi, sono più informati e desiderosi di essere parte attiva della definizione del piano terapeutico che li vedrà coinvolti. Questo discorso riguarda tutte le branche della medicina, ma in modo particolare l’oncologia. In questo ambito i nodi del processo decisionale appaiono più evidenti e risultano come dei crocevia che determineranno la salute futura del paziente».

 

Dal cancro si guarisce più spesso, ma resta il "vuoto" dell'assistenza

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14-05-2015
Che cosa vuol dire mettere il paziente al centro del processo decisionale?

«Il messaggio rappresenta l’eredità di Umberto Veronesi, che considerava più difficile rimuovere il tumore dalla testa che dal corpo di un paziente. Oggi, quando si intraprende un percorso di cura, occorre condividerlo con la persona che si ha di fronte: a prescindere dal sesso, dall’età e dalle sue conoscenze in ambito medico. Comunicare è fondamentale, anche perché sempre più spesso dal cancro si guarisce. L’essere ascoltati, seguiti e accuditi dai propri familiari favorisce l’auto-efficacia e riduce i livelli di ansia e preoccupazione collegati alla malattia».

 

Nel 2017, almeno in Europa, è assicurata l’equità all’accesso alle cure per tutti i malati oncologici?

«Non in tutti i Paesi il servizio sanitario è democratico e di buon livello come nel nostro. In Romania, per esempio, a parità di diagnosi non si ha lo stesso accesso alle cure che viene garantito nel nostro Paese. Ma anche in Italia c’è ancora da lavorare. Esistono centri di eccellenza e altri meno organizzati. Nel complesso, però, possiamo migliorare: a partire dall’assistenza territoriale e da quella psicologica».
 

Quale vuole essere il lascito di questo forum?

«L’obiettivo è dare un input ai due ministeri che ci supportano. A quello della Salute chiediamo azioni che mirino al sostegno concreto del paziente oncologico. Dal ministero dell’Istruzione, invece, ci aspettiamo che organizzi un percorso di formazione sull’umanizzazione delle cure che punti a far lavorare in sinergia le diverse professionalità. La vita, grazie alla medicina della persona, ha imparato a essere più forte della malattia. Capire questo è il primo passo verso la vittoria».

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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