Ultima teoria: il sonno serve a stabilizzare le novità acquisite nel cervello. Ma la memoria si addormenta 20 minuti prima, perché è più “stanca”
Soffriamo tutti, collettivamente, di deprivazione del sonno. Siamo tutti immersi in un continuo “jet-lag” senza prendere alcun aereo: da qui la definizione di “social jet lag”. «Siamo sempre più immersi in una società attiva 24 ore su 24. Siamo sempre connessi, sempre esposti alla luce, ci sono sempre più lavori con turni. E il mutamento vale anche per i bambini, con i genitori che arrivano a casa tardi e il loro stile di vita.
Tutto questo produce una desincronizzazione rispetto agli ‘orari’ dettati dal nostro orologio biologico, fondato sostanzialmente sul ritmo luce-buio. Lo stesso fenomeno provocato dal jet-lag quando si attraversano velocemente, in aereo, più fusi orari». Secondo Lino Nobili, coordinatore del Centro del sonno dell’ospedale Niguarda di Milano, «i disturbi del sonno aumentano, legati sia all’insonnia sia, all’opposto, all’eccessiva sonnolenza per via del minor numero di ore che oggi dedichiamo al sonno». Dicono gli studi che dall’inizio della Rivoluzione industriale, più di due secoli fa, dormiamo in media tre ore di meno, che tra il 1959 e il ’92 gli adulti avrebbero perso un’altra ora di riposo.
INCIDENTI PER SONNO
Una ricerca condotta su dati dell’Istat e dell’Aci (leggi le conclusioni) aveva calcolato il peso reale che la sonnolenza ha nel provocare incidenti stradali in autostrada in Italia. E le cifre sono risultate impressionanti: addirittura il 22 per cento. Il bisogno di dormire compare, quando non unica causa, quale concausa. Inoltre questi incidenti risultano avere un maggiore tasso di mortalità rispetto agli altri. Eppure il problema è in realtà “nascosto”: le stime ufficiali ascrivono alla sonnolenza poco più del il 3 per cento degli incidenti autostradali. Difetti di metodo investigativi, secondo gli studiosi. Che sono confortati da cifre simili alle loro in altri paesi europei.
QUANTE ORE DORMIRE?
«La media è di 7-8 ore, ma c’è chi sta bene con 5-6 e chi non può stare sotto le 9-10 - spiega Nobili . I parametri del sonno sono scritti nei nostri geni, dunque individuali. Come la differenza tra “gufi” e “allodole”: chi, per istinto e benessere, non andrebbe mai a letto la sera e chi invece “canta come un’allodola” dal primo mattino». Il neurologo del Niguarda prosegue: «Si sa ora che veglia e sonno possono non annullarsi a vicenda. Se c’è deprivazione del sonno, possiamo averli in contemporanea. Questi due stadi insieme spiegano il sonnambulismo, le cosiddette “allucinazioni ipnagogiche” di quando stiamo per addormentarci e certe forme di “insonnia paradossa” quando le persone dicono di “non riuscire a chiudere occhio” e, invece, sottoposte a esami, risultano dormire normalmente. A loro manca la percezione del sonno».
LA MEMORIA DORME PRIMA
A proposito delle fasi di addormentamento occorre citare una scoperta di Lino Nobili, avvenuta mentre – come spesso accade nella scienza – col suo gruppo si occupava d’altro, l’epilessia. Ha verificato che l’ippocampo, sede di molti processi della memoria, si addormenta prima del resto del cervello. «Fino a 23 minuti prima, così si spiega perché tante volte non ricordiamo le ultime pagine lette di un libro o quel che abbiamo detto», precisa Nobili. Ma allora il cervello non si addormenta tutto insieme? «No», è la risposta. «Può essere che l’ippocampo entri in riposo prima perché la sua funzione viene usata molto durante la giornata, quindi sia più “stanca”. Dopo si “spengono” le aree frontali del giudizio e quelle posteriori visive, il che spiega perché in questo momento del dormiveglia si possono avere anche allucinazioni. Quelle definite appunto ipnagogiche, cioè che inducono il sonno. Le aree cerebrali più usate – come in genere le frontali – dormono più profondamente delle altre».
PER QUALE MOTIVO DORMIAMO?
Chiosa Nobili: «L’ultima teoria dice che il sonno ha un ruolo fondamentale per l’apprendimento. Non solo per la memoria in genere, come già si diceva. Il procedimento sarebbe questo: se si fa, si impara qualcosa di nuovo, si creano più sinapsi, i collegamenti tra cellule cerebrali, per “scrivere” nel cervello l’inedita capacità. Allora il sonno servirebbe ad acquisire le sinapsi nuove e a rimuovere quelle non più utili. Il nostro dormire permetterebbe, dunque, un’azione di pulizia, di purificazione. E le aree che avranno lavorato di più, saranno quelle col sonno più profondo e lì ci sarà maggiore rimaneggiamento delle sinapsi».
SONNIFERO DI NUOVA CONCEZIONE
Questo interessante viaggio nel sonno e dentro la nostra scatola nera si conclude con una notizia interessante per gli insonni: «Un’importante ricerca condotta su un tipo di ipersonnia, la narcolessia, ha svelato che i centri regolatori del sonno collegati all’ipotalamo in questi malati non producono più la orexina (o ipocretina), sostanza che induce il risveglio, la vigilanza, l’appetito. L’interessante è che una ricerca collaterale è giunta a sviluppare un farmaco per fare addormentare inibendo l’azione della orexina. Si tratta di un nuovo filone di sonnifero, basato su un principio del tutto inedito».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.