Riportata d’attualità dal film “Shame”, la compulsione sessuale non è una vergogna da nascondere ma una patologia da curare. Ne parla il massimo specialista
Riportata d’attualità dal film “Shame”, la compulsione sessuale non è una vergogna da nascondere ma una patologia da curare. Ne parla il massimo specialista
E’ arrivato Shame al cinema, Vergogna, con il bel Michael Fassbender impegnato in tour de force di sesso, sesso e ancora sesso. La “vergogna” del titolo non è per le effusioni intime, ma per l’addiction, come dicono in inglese, la compulsività con cui il protagonista si dedica a queste pratiche, via via sempre più degradanti. Una vera droga, cui non sa sottrarsi.
Forse la prima volta che molti hanno sentito parlare del sesso come troppo, da curare, è stato quando Michael Douglas, pochi anni fa, comunicò urbi et orbi che si ritirava in una clinica per disintossicarsi non dall’alcool (come già tanti nomi noti Usa), ma dalla mania del sesso. A parecchi era parsa una delle solite “americanate” o delle trovate di Hollywood per far parlare di sé. Invece…
LA SEXUAL ADDICTION- «Negli ultimi 10 anni, invece, è un crescendo continuo, vorticoso direi, anche qui in Italia di richieste di aiuto, o quantomeno di informazioni mirate a capire se si ha un problema o “la” malattia», dichiara il dottor Cesare Guerreschi, fondatore della Società italiana di intervento sulle patologie compulsive (Siipac) di Bolzano, con sedi in altre città. E’ una delle poche se non l’unica struttura nel nostro paese a occuparsi in modo complessivo di sexual addiction. Si tratta di una onlus, «ma riceviamo ben poche offerte o fondi perché le malattie di cui ci occupiamo, alcolismo, droghe, gioco d’azzardo compulsivo, vengono considerate vizi nell’opinione corrente. E così non è. Ognuna di queste patologie è fonte di grandi sofferenze».
Anche la pratica spinta del sesso? «Dice bene – risponde Guerreschi –, dopo un po’ resta solo la spinta e basta». Lo specialista descrive un mondo sotterraneo in cui si inabissa sempre più chi subisce una compulsione sessuale che lo induce a cercare sempre e comunque un partner fino a che quel pensiero, prima dominante, diventa l’unico. C’è, nell’uomo, l’attrazione irresistibile verso le prostitute, poi dopo un po’ vuole provare solo quelle di colore, segue la ricerca non solo del colore ma del gruppo e via via in sperimentazioni sempre più degradanti che conducono ai viados, agli animali e ad altri diciamo “assaggi” sempre più stravaganti.
«In genere - dice Guerreschi - la moglie si accorge per lo meno che il marito ha “un problema” e diverse lo accompagnano poi nel percorso terapeutico mentre altre scappano con ribrezzo. E seguono esse stesse, pur piangendo, una specifica terapia. Ovviamente l’inverso non si dà mai: che i mariti, i compagni stiano accanto a una donna che cerca di disintossicarsi dal sesso compulsivo. Si vede anche in altri casi di malattie serie. Le donne restano, sono più sensibili, superiori. Per questo ho voluto da noi quasi solo personale femminile: ha empatia e l’empatia è parte della cura».
QUALE TERAPIA- Già, la cura: in che cosa consiste? Trattamento psicologico con un’équipe che indaga sui lati affettivi, familiari, relazionali, sociali del paziente. E farmaci. Previsto il soggiorno nella comunità specifica, massimo di 3 mesi. Qui, per esempio, viene chiesto al paziente di astenersi dal sesso per tre giorni, per esempio. «Dirà che non ce la può fare, che per lui/lei è impossibile. E’ solo una prova, insistiamo noi, niente di grave se non ci riesce».
Quando il o la paziente ce la fa, col continuo sostegno degli specialisti, si passa a una prova di astinenza più lunga e così via. «Con questo non vogliamo arrivare alla negazione del sesso, ma passare dalla compulsione alla pulsione sessuale. Una normale vita intima».
La cura, dicono alla Siipac, va più che mai ritagliata addosso al singolo paziente. Sul lato fisico non di rado l’estrema promiscuità sessuale ha condotto il malato a contrarre sifilide, blenoragia, Aids…
DIVERSI TIPI DI PATOLOGIA- Quasi sempre nella cura entrano gli antidepressivi. I malati di sesso, continua Guerreschi, vivono una depressione profonda, e tutta particolare. Sono quei depressi che tentano il suicidio, e non a scopo dimostrativo. Reale. «Subentra, questo stato, subito dopo la soddisfazione dell’impulso. Ma un po’ alla volta scompare ogni “soddisfazione”, piacere, c’è solo quella spinta, invincibile. E un’estrema solitudine e vergogna. Pensate al disagio di chi vive e confessa: mi basta veder poco più della caviglia per esser preso da una voglia fisica pazzesca. Va a rotoli non solo un matrimonio, ma il rapporto con i figli, il lavoro, sparisce ogni hobby».
Non tutti comunque i drogati dal sesso hanno bisogno della pratica sessuale. Si distinguono gli “erotomani”, che tendono alla conquista soprattutto affettiva, poi non compiono l’atto sessuale, ma lo vivono interiormente al pari di un delirio: come se ci fosse stato davvero.
Tra le donne si distinguono le “ninfomani”, che non raggiungono mai l’orgasmo e pensano sempre che la prossima volta sì, lo proveranno, e non succede, è un percorso obbligato di frustrazione penosa.
Ci sono i “dipendenti pornografici” ed è il settore dove si trova un ampio gruppo di giovani in quanto è soprattutto Internet a fornire migliaia di siti porno che stimolano l’autoerotismo. Ci sono gli “zoofili” che vanno con gli animali e c’è un’altra gran quantità di “preferenze” di cui nella comunità si tiene conto per impostare la cura. Cesare Guerreschi è un pioniere: si è formato in America e dal 1999 ha dato vita a questa struttura dove in parte si è “copiato” il metodo americano e in un’altra gran parte si è adattato il programma alla nostra specificità culturale. Perché tante richieste vorticose negli ultimi dieci anni?
AUMENTANO LE DONNE- «Ci sarà stato anche prima il sesso compulsivo, anzi certamente – risponde Guerreschi – ma non si sapeva che fosse una malattia. Noi esistiamo da 13 anni ed è da un decennio che andiamo spesso in tv o alla radio. Ormai direi una sessantina di volte l’anno. E se prima ci invitavano nelle trasmissioni di terza serata, oggi ci invitano anche in prima. E noi non perdiamo occasione con i media perché far conoscere che esiste una malattia del sesso e che si può guarire fa parte del nostro compito. Queste persone vanno liberate dalla vergogna come se fossero viziosi e non malati, va tolto lo shame di cui parla il film con Fassbender».
Per portare qualche numero, la terapia dura da un anno a un anno e mezzo, dopo seguiranno controlli ogni 3 mesi, poi ogni 6 mesi e così via. Il 60% dei sexual addict in Italia risultano ad ora essere uomini, ma, dicono alla Siipac, è in corso un’escalation delle donne. Nella struttura di Trento e delle altre città collegate ci sono tutti i tipi di dipendenza: da internet, da cellulare, dal lavoro, dal gioco in borsa, dagli acquisti. Sul sito della Siipac ogni persona interessata può trovare uno specifico test da eseguire per avere una prima risposta orientativa. Poi la speranza c’è. «Si può guarire. E la vita cambia totalmente», assicura il dottor Cesare Guerreschi. E si raccomanda: «Se sospettate di avere questo problema, cercate aiuto, fatelo assolutamente, ne va della vostra esistenza».
Serena Zoli