La rabbia è una delle prime reazioni che si provano dopo aver scoperto di avere un cancro (ma anche dopo). I consigli per «conviverci» senza mettere a repentaglio la salute psicologica
La rabbia è spesso una delle prime reazioni emotive che una persona prova al momento della diagnosi di un tumore, ma può svilupparsi in qualsiasi momento durante il trattamento o anche dopo la guarigione. Si prova rabbia per il modo in cui il cancro ha interrotto la propria vita, per la maniera in cui gli altri hanno reagito alla diagnosi, per la difficoltà di prendersi cura di se stessi e per mille altre ragioni.
Ad alimentarla, poi, contribuiscono anche gli effetti collaterali dei trattamenti contro il cancro: come i disturbi del sonno, l’affaticamento, il dolore, la nausea. Provare rabbia è del tutto normale e non è detto che sia un’emozione negativa. Anzi, se espressa in maniera positiva può fornire l’energia e la forza necessarie per superare le sfide del trattamento. L’importante è riconoscerla e trovare uno modo sano per esprimerla.
Spesso, per esempio, non ci si rende conto che si indirizza la rabbia verso le persone che ci circondano e ci sono più vicine, rischiando di fare loro male ma anche di privarci di quel supporto di cui abbiamo bisogno. Un altro comportamento comune è lasciare che la rabbia mascheri altri sentimenti. È frequente che una persona affetta da tumore usi la rabbia per nascondere sentimenti dolorosi che sono difficili o scomodi da esprimere, come la tristezza o la disperazione.
Per quanto la rabbia sia una sensazione fisiologica nelle persone malate di cancro, è bene inquadrare il problema, riconoscerne le cause e identificare strategie per incanalarla poiché può avere un pesante impatto sul benessere mentale (per esempio facilitando l’insorgenza della depressione), dar luogo a problemi di relazione e in alcuni casi ridurre le motivazioni per affrontare la malattia.
In alcuni casi può essere sufficiente discutere del problema con una persona vicina, ma se la sensazione di rabbia persiste ed è difficile da controllare è bene richiedere l’aiuto di uno psicologo.