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Redazione
pubblicato il 17-07-2014

Ci sono cure nuove per la psoriasi?



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Sono affetto da psoriasi e non ottengo più risultati da terapie topiche o con farmaci tradizionali. Come posso controllare ora la malattia, esistono soluzioni alternative? Agostino F, Salerno

Ci sono cure nuove per la psoriasi?

Risponde Piergiorgio Malagoli, responsabile del Centro PSOCARE, Istituto Policlinico San Donato, Milano

Ottimi risultati nella cura della psoriasi di intensità medio-grave, ossia ad uno stadio che non risponde più a terapie locali con creme e/o lozioni (più indicate quando la malattia è lieve) o a farmaci tradizionali, quali la ciclosporina o il methotrexate, è rappresentata dai farmaci biologici.

Si tratta di composti creati in laboratorio, nati dalla più recente ricerca di biologia molecolare, che hanno il vantaggio di bersagliare solo alcune sostanze (come il TNF e alcuni tipi di interluchine, in particolare la 12 e 23) responsabili del processo infiammatorio che dà avvio allo sviluppo delle lesioni cutanee. Questa selettività, tipica dei farmaci biologici, permette alla sostanza di acquistare una maggior efficacia e di ridurre al minimo gli effetti collaterali, invece importanti nelle terapie tradizionali e tali da non potere essere assunte per più di 3-6 mesi all’anno.

I più recenti studi (la terapia è in uso già da 8 anni) hanno dimostrato un alto profilo di sicurezza dei farmaci biologici che, per il paziente, si traduce nella possibilità di perdurare il trattamento nel tempo, senza interruzione e senza lo spettro di effetti indesiderati.

Anzi abbiamo avuto conferma di un miglioramento a un anno dall’inizio della terapia anche delle comorbidità, ossia problemi cardiovascolari o metabolici, che sempre (o spesso) accompagnano la psoriasi e che sono tanto più gravi quanto più il paziente è giovane.

Non è però, purtroppo, una terapia per tutti: ai biologici sono candidati solo quei pazienti che hanno già provato senza successo le terapie più classiche per la psoriasi (creme, terapia sistemica, fototerapia) mentre ne sono esclusi coloro che nei cinque anni immediatamente precedenti hanno avuto una forma tumorale o gravi infezioni ricorrenti; su questi infatti le linfochine contenute nei farmaci biologici potrebbero agire negativamente.

Per accedere a questa terapia biologica occorre però rivolgersi esclusivamente nei 156 Centri PSOCARE, distribuiti sul territorio nazionale, in cui è prescrivili in forma gratuita.

Va detto comunque che la psoriasi è una malattia a predisposizione genetica, dalla quale cioè non è possibile guarire definitivamente – non guarisce neanche con una terapia con i farmaci biologici – ma essa permette però di controllare la malattia in maniera continuativa. Da soli anche questi farmaci innovativi non bastano: per ottenere da essi i migliori benefici occorre ridurre al minimo alcuni rischi, dipendenti da fattori ambientali (stress psicofisico), da agenti infettivi e/o da alcuni farmaci – e correggere lo stile di vita. Questo non è un fattore ‘induttivo’, vale a dire che non è la causa scatenante della malattia, ma può contribuire al suo peggioramento.

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Occorrerebbe pertanto eliminare in primo luogo fumo ed alcool e impostare con uno specialista dietologo e/o un nutrizionista una dieta che non incida sulle implicazioni metaboliche che abbiamo visto influenzare la malattia.

La psoriasi non può essere definita una patologia stagionale, in quanto il suo andamento bizzarro può presentare una alternanza di fasi acute e di parziale remissione in qualsiasi periodo dell’anno, ma certamente l’estate può apportare qualche beneficio alla malattia.

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Tanto più se le vacanze verranno trascorse al mare dove l’aria salmastra, la componente salina dell’acqua, così come l’esposizione ai raggi solari, possono potenziare e mantenere nel tempo gli effetti della terapia.

Oltre ai vantaggi clinici sulle lesioni apportati farmaci biologici, mi preme evidenziare anche le ricadute sulla qualità della vita sociale, professionale, relazionale e di coppia di questa terapia dopo un solo anno dall’inizio del trattamento attestate da questionari specialistici – come lo Psodisk o DLQI - che valutano la ‘storia’ del paziente nella sua totalità. Benefici che potranno essere ulteriormente migliorati dalle future aspettative della ricerca, mirate allo studio di nuovi biologici che potranno essere impiegati nei casi in cui i pazienti sviluppassero una sorta di ‘auto reazione’ anticorpale al farmaco che non costituisce un effetto collaterale pericoloso ma che può condizionare la risposta al trattamento in termini di efficacia.

Dunque ulteriori speranze si possono aprire a breve per i 3 milioni di pazienti che oggi, solo in Italia, sono affetti da questa malattia nel 30-40% dei casi in forma medio-grave.

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