L’itaconato è una molecola prodotta durante l’attivazione dei macrofagi che potrebbe avere una funzione chiave nella steatosi epatica non alcolica: la ricerca di Tanja Eberhart
La steatosi epatica non alcolica (o NAFLD, dall'inglese “Non-Alcoholic Fatty Liver Disease”) comprende uno spettro di patologie epatiche non legate a un eccessivo consumo alcolico, che vanno dall’accumulo di grassi nel fegato (steatosi), all’infiammazione epatica (steatoepatite), fino alla fibrosi e alla cirrosi. Questa condizione può predisporre allo sviluppo dell’epatocarcinoma e rappresenta un problema di rilevanza clinica soprattutto nei Paesi industrializzati, dove obesità e sindrome metabolica sono in progressivo aumento. La NAFLD è una patologia complessa e multifattoriale, guidato da processi di infiammazione cronica del fegato non ancora completamente compresi.
Tanja Eberhart è una ricercatrice dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, dove studia il ruolo dei macrofagi nell’attivazione del sistema immunitario e nel metabolismo degli epatociti – le cellule del fegato. Lo scopo della sua ricerca sarà studiare il ruolo di una molecola prodotta dai macrofagi attivati – l’itaconato – nel modificare il metabolismo, oltre alla funzione del fegato in risposta a una dieta ricca di grassi. Il suo progetto sarà sostenuto per il 2023 da una borsa di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi.
Tanja, come nasce l’idea del vostro lavoro?
«L’idea nasce da un'osservazione sui topi di laboratorio e dall'analisi dell'espressione genica dei tessuti epatici di topi obesi».
Perché hai scelto di orientarti su questa linea di ricerca?
«Perché sono sempre stata interessata al metabolismo e alle malattie correlate. Inoltre, voglio approfondire la mia conoscenza sull'immunometabolismo (branca della biochimica che studia le interazioni tra lo stato energetico e nutrizionale e il sistema immunitario, N.d.R.)»
Quali sono i quesiti scientifici a cui volete rispondere?
«Vorremmo capire come l’itaconato, un metabolita prodotto dai macrofagi, influisca sullo sviluppo della steatosi epatica non alcolica causata dall'obesità. Queste conoscenze saranno utili per identificare nuove strategie terapeutiche contro la NAFLD».
Come porterete avanti questo progetto durante quest’anno?
«Studieremo la risposta epatica in modelli murini privati del gene Acod1. L’enzima ACOD1 ha un ruolo chiave nell’accumulo dell’itaconato a partire dal glucosio, e noi vogliamo approfondire l'effetto della sua assenza nei topi sottoposti a una dieta ad alto contenuto di grassi. Valuteremo l’intensità dei sintomi della NAFLD nei topi a cui manca il gene Acod1, e analizzeremo quali siano i geni “accesi” e quali le proteine presenti. Inoltre, studieremo la comunicazione tra macrofagi produttori di itaconato e gli epatociti».
Quali potrebbero essere le possibili applicazioni future dei vostri studi per la conoscenza biomedica e per la salute umana?
«Comprendere il ruolo dell'itaconato nel metabolismo epatico e in risposta agli stimoli che portano all’accumulo di grasso epatico significa anche fare luce sui possibili nuovi bersagli terapeutici per il trattamento dei pazienti con NAFLD».
Tanja, com’è la tua giornata tipo in laboratorio?
«Il mio lavoro quotidiano cambia a seconda della fase del progetto o allo specifico quesito sperimentale a cui rispondere. Attualmente lavoro principalmente al computer, analizzo dati, scrivo e faccio ricerche. Vado in laboratorio quando devo eseguire esperimenti, colorazioni e analisi su tessuti o cellule. La varietà delle attività è ciò che amo di più della ricerca: c'è sempre qualcosa di nuovo da imparare e da esplorare».
La vita del ricercatore in Italia non è semplice. Quali sono le tue impressioni?
«La mia prima impressione è stata che la maggior parte delle persone sia estremamente amichevole, aperta, collaborativa e flessibile. Le sfide più impegnative quando mi sono trasferita in Italia sono state sicuramente la lingua e la gestione delle procedure burocratiche, sia nella vita professionale, sia nella vita privata. Tuttavia, la cultura italiana – compresa quella alimentare - è più che una semplice compensazione per queste difficoltà».
Ti ricordi il momento in cui hai capito che la tua strada era quella della ricerca?
«Ho scelto di dedicarmi alla scienza e alla ricerca durante i miei studi magistrali, quando sono stata coinvolta attivamente nella ricerca sperimentale in laboratorio. Questa decisione è stata confermata durante gli studi di dottorato».
Quali sono le principali sfide e quali le soddisfazioni del tuo lavoro?
«Le sfide sono legate ai risultati inaspettati (che a volte possono anche essere delle soddisfazioni) o all’esecuzione di esperimenti a lungo termine e tecnicamente impegnativi che non consentono disattenzioni, errori o tempi di attesa. Allo stesso tempo, terminare questi esperimenti con successo, sapendo di aver dato il massimo, è anche una grande soddisfazione. Mi piace anche acquisire nuove competenze e conoscenze».
Che cosa rappresenta la scienza dal tuo punto di vista?
«Curiosità, conoscenza e progresso».
Secondo te in che modo la scienza e la comunità scientifica potrebbero migliorare, anche in rapporto alla società?
«A mio parere ci dovrebbe essere un maggiore scambio scientifico sia tra scienziati, sia verso il pubblico. Inoltre, dovrebbero esserci discussioni e confronti più aperti sui risultati negativi».
Come ti vedi tra dieci anni?
«Mi vedo come ricercatrice in qualche istituzione o ente di ricerca, impegnata nella pianificazione e nell'attuazione dei progetti. Ovviamente la mia collocazione dipenderà dalle opportunità che si presenteranno e dal mio partner».
Quali sono i tuoi tre principali pregi e quali i difetti?
«I pregi sono la pazienza, la caparbietà e la resilienza, mentre le mie tre principali debolezze sono l’indecisione, l’insicurezza e la tendenza a pensare troppo».
Se non fossi una ricercatrice, saresti…?
«Probabilmente sarei una fisioterapista».
Sei sposata?
«Non sono sposata, ma ho una relazione e siamo in attesa del nostro primo figlio».
Sei soddisfatta della tua vita?
«Sì, sono felice della mia vita e delle esperienze che ho fatto finora, sia positive che negative».
Cosa fai nel tempo libero?
«Nel tempo libero amo esplorare nuove città e luoghi. Mi piace anche fare escursioni, trascorrere del tempo nella natura e praticare sport».
Cosa vorresti dire alle persone che scelgono di donare a favore della ricerca scientifica?
«Grazie per aver creduto in noi! Vorrei sottolineare che il contributo dei donatori e dei sostenitori è fondamentale per la comunità scientifica, per far progredire la conoscenza lo sviluppo di terapie nuove ed efficaci».
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