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Ginecologia
Paola Scaccabarozzi
pubblicato il 19-12-2023

Le microplastiche? Presenti anche nella placenta



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Diffuse in ogni ambiente, le microplastiche sono state rinvenute anche a livello della placenta. Da chiarire ancora l'effetto sulla salute umana

Le microplastiche? Presenti anche nella placenta

Le microplastiche si annidano ovunque nell’ambiente e persino nel nostro corpo, placenta compresa. È ciò che è emerso da un recente studio pubblicato sulla rivista Environment International e condotto dai ricercatori dell'Università delle Hawaii a Manoa e del Kapi'olani Medical Center for Women & Children (uno degli ospedali della rete dell’Hawaii Pacific Healthcon sede a Honolulu) sulle placente donate da donne che hanno partorito alle Hawaii tra il 2006 e il 2021. 

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Comitato Etico Fondazione Veronesi - 2021 - Parere Plastiche e microplastiche

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

IL LEGAME TRA MICROPLASTICA E PLACENTA

Premesse fondamentali per comprendere questo studio, esiguo dal punto di vista numerico ma significativo, sono il ruolo della presenza della placenta nel corpo della madre e la definizione di microplastica. La placenta è un organo temporaneo che si forma nell’utero nelle primissime fasi della gravidanza. È in grado di “collegare” la madre al feto tramite il cordone ombelicale. Il suo scopo è quello di fornire nutrienti e ossigeno all’embrione fungendo così, al tempo stesso, da canale di scarto di scorie e barriera nei confronti di virus e batteri, potenzialmente pericolosi per lo sviluppo del feto stesso. 
Le microplastiche (MP) sono invece elementi di plastica di dimensioni inferiori a 5 millimetri, anzi più precisamente compresi tra 1μm (micrometro, un milionesimo di metro) e 5 millimetri. Da dove arrivano le microplastiche? Dalla degradazione fisica (sole, vento, calore…) o chimica (acido, sale, cloro) di oggetti di plastica più grandi. Possono essere i più svariati, come contenitori per imballaggio, materiali utili alla conservazione di alimenti, bottiglie d'acqua monouso, forniture mediche sterili e indumenti. Insomma, tutto ciò con cui abbiamo quotidianamente a fare e che è diventato, in maniera più o meno consapevole, parte dell’esistenza di ognuno.

DAI TESSUTI UMANI I DATI DI UN TREND PREOCCUPANTE

Rapporti recenti hanno dimostrato che le microplastiche si accumulano nei tessuti umani e possono avere conseguenze negative sulla salute. E se attualmente non esistono sistemi di monitoraggio ambientale standardizzati circa l’accumulo di microplastica nei tessuti umani, lo studio hawaiano ha messo in evidenza un aumento significativo nell’accumulo di microplastiche nelle placente. Si tratta di un’analisi effettuata nel corso degli ultimi 15 anni che ha evidenziato cambiamenti nelle dimensioni e nella composizione chimica dei polimeri (macromolecole). Questi risultati forniscono una rara visione della vulnerabilità e della sensibilità dei residenti delle isole del Pacifico all’inquinamento da plastica e illustrano come i tessuti umani scartati possano essere utilizzati quale innovativo sistema di monitoraggio ambientale dell’inquinamento da plastica. In particolare, sono state raccolte e studiate 10 placente nel 2006, 2013 e 2021 e i ricercatori hanno scoperto che la presenza di microplastiche cresceva ogni anno. Nel 2006, 6 placente su 10 contenevano microplastiche. Nel 2013 sono state trovate microplastiche in 9 placente su 10. Nel 2021, i ricercatori hanno trovato microplastiche in tutte e 10 le placente.

L’ipotesi avanzata dagli studiosi è stata dunque quella relativa all’ingestione e inalazione di microplastica in grado di attraversare i fluidi digestivi o i polmoni per venire quindi assorbitaattraverso l’intestino. Lo step successivo è il passaggio alla placenta tramite il flusso sanguigno. La grande domanda è dunque la seguente: la microplastica, mentre viaggia attraverso la placenta, può raggiungere il bambino tramite il cordone ombelicale? Al momento la risposta è ignota. Si sa però che l’aumento delle microplastiche trovate nelle placente delle madri hawaiane corrisponde all'aumento della produzione di plastica.

La produzione globale di plastica è aumentata esponenzialmente da meno di 2 milioni di tonnellate (Mt) negli anni ’50 a più di 400 Mt nel 2022. A livello mondiale, inoltre, solo il 9% dei rifiuti di plastica viene riciclato, mentre il 22% viene immesso nell’ambiente come rifiuti macro e microplastici (OCSE, 2022). Questo rapido aumento dell’inquinamento causato dalla plastica commerciale ha un impatto combinato sul cambiamento climatico, sugli ecosistemi marini e, in ultima analisi, sulla salute pubblica.

IL "LABORATORIO" HAWAII

Perché oltre ad essere esemplificativo di una trend, le Hawaii, potrebbero costituire un Paese a rischio? Gli autori dello studio sostengono che la posizione remota delle Hawaii determini una particolare dipendenza dalla plastica. Si tratta infatti della catena di isole più remote del mondo, a 2.300 miglia dalla California e 4.000 miglia dal Giappone. Per la “comodità quotidiana” è dunque comprensibile che sia assai comune l’utilizzo di involucri, contenitori e sacchetti di plastica, oltre che di bottiglie d'acqua monouso. Inoltre, la posizione delle Hawaii al centro dell'Oceano Pacifico, il clima tropicale e la mancanza di centri di riciclaggio sembrano esacerbare ulteriormente il modo in cui queste plastiche si stanno disintegrando o rompendo. Si sa già infatti che la luce solare, il calore e il sale possono accelerare la degradazione di queste plastiche di uso quotidiano. I ricercatori hanno notato che i sacchetti di plastica e persino le scarpe si consumano rapidamente alle Hawaii e si trasformano in polvere. L'incenerimento dei rifiuti, le discariche e l'inquinamento marino colpiscono inoltre in maniera prepotente le comunità delle Hawaii e destano la preoccupazione degli abitanti, generata anche dal diffondersi di incendi, come quelli di quest’estate a Lahaina, che possano comportare la diffusione di microplastiche e altre sostanze tossiche. Gli studi scientifici vanno quindi approfonditi ed è proprio questo l’intento dei ricercatori, focalizzati attualmente sull’impatto delle microplastiche sulla salute del feto.

L’intento non è ovviamente quello di suscitare apprensione e spavento, ma di comprendere meccanismi importanti di cui è bene essere consapevoli: quali sono le fonti delle microplastiche materne? Quale il loro effetto sul corpo della madre e all’interno della placenta? Qualora arrivino al feto, ne possono influenzare la crescita e il benessere in generale? Le placente hanno dunque il potenziale di fungere da sistema di monitoraggio non invasivo e in tempo reale dell’inquinamento ambientale e dell’esposizione alla plastica durante la gravidanza di donne particolarmente vulnerabili, con effetti ancora non chiari sulla salute materna e fetale.

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Paola Scaccabarozzi
Paola Scaccabarozzi

Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.   


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