Sale la preoccupazione per le forme di Klebsiella pneumoniae resistenti agli antibiotici. Le misure in atto per i focolai in Toscana e gli sforzi della ricerca
Dalla Toscana arrivano notizie preoccupanti su un alto numero di infezioni da Klebsiella pneumoniae resistente agli antibiotici, che in alcuni casi si sono rivelate letali. Le morti sospette sono almeno una trentina nell'ultimo anno.
Si ripropone dunque il tema della farmacoresistenza, che già a gennaio l’Organizzazione mondiale della sanità aveva incluso nella lista delle 10 emergenze da affrontare nel 2019 per tutelare la salute globale. Sempre più spesso i farmaci su cui si è fondata la difesa contro batteri, virus, funghi e parassiti non funzionano più e in Europa si stimano circa 33.000 vittime l’anno per l’antibioticoresistenza (ma il fenomeno riguarda anche antivirali e antimalarici). L’allarme degli esperti è globale: se gli antibiotici non funzioneranno più, terapie e procedure come interventi chirurgici o chemioterapie saranno a rischio e pezzi importanti della medicina del ventunesimo secolo rischiano di essere ricacciati indietro di molti decenni. Bisogna rieducare ad un uso corretto degli antibiotici, ridurre il rischio di infezioni e promuovere con forza la ricerca di soluzioni terapeutiche.
IL CASO KLEBSIELLA NEW DELHI
Klebsiella pneumoniae è uno dei batteri sorvegliati speciali. Si tratta di un patogeno appartenente a un genere di batteri molto diffusi (Klebsiella), che provocano infezioni soprattutto in persone fragili perché anziane, bambini prematuri, pazienti immunocompromessi o ricoverate per malattie e interventi. Provocano polmoniti, infezioni alle vie urinarie o di altro tipo, spesso difficili da curare. Circa la metà dei ceppi di Klebsiella pneumoniae presenti in Italia infatti diventa resistente agli antibiotici, anche a quelli considerati più efficaci, come i carbapenemi. Questo accade in genere perché il batterio produce un enzima chiamato carbapenemasi, che rende inefficace l’antibiotico. I casi di decessi negli ospedali toscani introducono però una nuova complicazione: si tratta di ceppi diversi di Klebsiella pneumoniae, che sintetizzano un altro tipo di enzima, chiamato carbapenemasi NDM (“New Delhi” perché isolato anni fa in un paziente di ritorno dalla megalopoli indiana). Per il contesto italiano si tratta di un nuovo e - finora - raro meccanismo di sopravvivenza del batterio, che purtroppo riesce a neutralizzare anche le nuove combinazioni di antibiotici e rende il trattamento dell’infezione davvero ostico.
L’ISS: SITUAZIONE NUOVA, ALZARE L'ATTENZIONE
Le autorità sanitarie si sono mobilitate per ridurre i rischi di diffusione al di fuori della regione. In un comunicato dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) si legge che: «La situazione che si sta verificando in Toscana è quindi nuova per il nostro Paese, presentandosi come un ampio e persistente fenomeno epidemico che coinvolge diverse strutture sanitarie della regione, con un alto numero di pazienti colonizzati o infetti». E poi, che i dati della sorveglianza nazionale coordinata dallo stesso ISS «in linea con i dati forniti dalla regione Toscana, evidenziano, a partire dal secondo semestre 2018, un aumento significativo delle batteriemie da ceppi di K. pneumoniae che producono NDM in questa regione». Dei 53 casi segnalati negli ultimi 5 anni, ben 38 risalgono agli ultimi 12 mesi, per la maggior parte in ospedali toscani. «Il che - prosegue l’ISS - comporta la necessità di elevare il livello di attenzione nel Paese. In Toscana, dalla scorsa estate, sono state adottate specifiche misure di contrasto per il contenimento della diffusione dei focolai».
LA RICERCA A CACCIA DI SOLUZIONI
Incoraggiati dalle autorità sanitarie internazionali, si moltiplicano gli studi per capire i meccanismi con cui i patogeni neutralizzano l'efficacia degli antimicrobici e per trovare soluzioni efficaci. Alcune scoperte, come un lavoro appena pubblicato su Nature Communications, in cui gli autori svelano le strategie con cui Klebsiella pneumoniae "chiude le porte" all'azione dei carbapenemi ad ampio spettro, forniscono informazioni importanti per gestire l'uso degli antibiotici e per svilupparne di nuovi. Si capisce che in questo contesto è sempre più strategica l'immunizzazione contro malattie che non si riesce più a curare. Alla fine di agosto risale la notizia che un team di scienziati coordinati dalla Washington University School of Medicine ha messo a punto un vaccino - per ora testato con risultati positivi su animali - contro una versione "ipervirulenta" di Klebsiella pneumoniae. Negli ultimi anni, infatti, si è registrata la comparsa di un tipo di batterio particolarmente aggressivo, capace di provocare infezioni gravi, difficili da trattare e fatali fino alla metà dei casi. Il numero di infezioni di questo tipo, spiegano i ricercatori, è in preoccupante aumento per ora soprattutto in Asia. In uno studio preclinico, gli scienziati hanno testato un vaccino elaborato con l'aiuto di una versione geneticamente modificata di un altro batterio assai comune, l'Escherichia coli. Sperimentato su topi, il vaccino si è dimostrato efficace contro due delle forme più aggressive di Klebsiella. «Come pediatra voglio vedere le persone immunizzate contro questo patogeno il prima possibile» ha dichiarato David Rosen, uno degli autori. «Presto potremmo non avere scelta».
Fonti
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.