Nuovi dati diramati dall'azienda produttrice fanno ben sperare. La riduzione si attesterebbe oltre l'80%. La vaccinazione rimane l'arma fondamentale
Paxlovid, l'antivirale di Pfizer contro Sars-Cov-2, sarebbe in grado di ridurre fortemente il rischio di ricovero e morte da Covid-19. I dati vanno presi con le pinze poiché si tratta, ad oggi, di un comunicato diramato dall'azienda. La speranza però, come per gli annunci fatti con le vaccinazioni e poi confermati da revisioni indipendenti, è che quanto comunicato trovi conferma nei dati che verranno sottoposti a valutazione presso le autorità regolatorie del farmaco. Se così fosse saremmo di fronte ad un farmaco estremamente efficace -in misura significativamente maggiore rispetto a molnupiravir- nel curare l'infezione virale che da quasi due anni è causa della pandemia Covid-19.
IL RUOLO DEGLI ANTIVIRALI
Sin dai primi casi registrati nel nostro Paese ad inizio del 2020 è emerso chiaramente che curare le persone affette da Covid-19 era un'impresa. Di fronte ad un virus -e ad una malattia- completamente nuovo la ricerca è andata per tentativi. Mentre da un lato si è cercato di controllare i sintomi della malattia attraverso l'utilizzo di antinfiammatori, dall'altro gli scienziati hanno tentato -nell'attesa di sviluppare nuovi farmaci- di testare "vecchi" antivirali nella speranza che funzionassero anche contro Sars-Cov-2. Purtroppo, tra tutti quelli testati sino ad ora, nessuno si è dimostrato efficace. Ecco perchè, ad oggi, non esiste una cura in grado di agire direttamente sulla causa (il virus) ma solo molecole utili a "limitare i danni".
IMPEDIRE LA REPLICAZIONE VIRALE
A cambiare radicalmente le prospettive di cura però potrebbe esserci paxlovid, molecola riproposta da Pfizer con alcune piccole modifiche nella struttura dopo una prima sperimentazione 19 anni fa contro il virus Sars. In questo caso il farmaco, assunto per via orale, appartiene alla categoria degli inibitori delle proteasi, una classe di molecole già in uso nel trattamento di HIV ed epatite C. Paxlovid, entrato nelle cellule, è in grado di inibire l'attività di un componente (la proteasi virale C3-like) che il virus utilizza per assemblare le proteine di cui è costituito. Venendo meno questa funzione il virus non è più in grado di edempiere alla sua funzione. Per funzionare al meglio però la cura prevede anche la somministrazione di un vecchio farmaco per HIV -ritonavir- che ha il compito di aumentare il tempo di durata d'azione di paxlovid.
I RISULTATI
Secondo quanto dichiarato dall'azienda produttrice, l'utilizzo della molecola ridurrebbe -a 28 giorni dalla positività- le probabilità di ricovero e morte dell'89% nei pazienti a rischio se somministrata entro tre giorni dall'esordio dei sintomi. Percentuale simile, 88% se somministrata entro 5 giorni. Per quanto riguarda invece i pazienti non particolarmente a rischio, la riduzione si attesterebbe intorno al 70%. Non solo, al quinto giorno dall'insorgenza dei sintomi, sia nei pazienti ad alto rischio sia in quelli non ad alto rischio, la carica virale è apparsa ridotta di dieci volte. Risultati importanti -sempre da confermare da analisi indipendenti- ottenute sul virus "Delta" che dovrebbero essere confermati anche per la variante Omicron in quanto la molecola agisce su meccanismi conservati del virus indipendenti dalle caratteristiche della proteina Spike. Nell'attesa di saperne di più, allo stato attuale lo scorso 26 novembre un Decreto del Ministero della Salute ha approvato la distribuzione di paxlovid -così come molnupiravir- temporanea di questi farmaci. Un'arma in più che non deve però fare dimenticare l'importanza della vaccinazione, unica arma estremamente efficace a nostra disposizione per mitigare la pandemia e ridurre il rischio di ammalarsi.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.