Affetto da immunodeficienza, grazie alle immunoglobuline Alessandro è tornato a vivere e ha deciso di impegnarsi per la salute dei bambini immunocompromessi
Per Alessandro tutto inizia nel 2006 con una broncopolmonite che non ne vuole sapere di passare. Indagini approfondite permettono di diagnosticare un’immunodeficienza comune variabile, malattia del sistema immunitario a base genetica.
I FARMACI SALVAVITA
«Quando ho ricevuto la diagnosi avevo quarant’anni e, nonostante la cura indicata fosse a base di immunoglobuline – ricorda Alessandro Segato, presidente dell'Associazione Immunodeficienze Primitive –, vista la mia condizione di salute che a quel punto era tornata buona, inizialmente non le ho prese. Nel 2009, colpito nuovamente da broncopolmonite, e seguito finalmente da un centro esperto, ho capito che i plasmaderivati per me erano terapie salvavita. Tuttavia, all’inizio ero spaventato, non sapendo bene come comportarmi e cosa aspettarmi. Per questo ho avuto l'esigenza di confrontarmi con persone che si trovavano nella mia stessa situazione. Così ho deciso di entrare a far parte dell’Associazione Immunodeficienze Primitive, di cui ora sono presidente. Sono stati mesi di angosce e di paura, ma l'associazione mi ha fatto capire molte cose sulla mia malattia, tranquillizzandomi su quello che sarebbe accaduto».
IL RITORNO ALLA NORMALITÀ
«Senza le immunoglobuline chi soffre di immunodeficienza come me incorrerebbe in numerose infezioni e dovrebbe assumere costantemente antibiotici. Perché questo non accada, ogni quindici giorni mi inietto in maniera autonoma 14 grammi di immunoglobuline sottocute, per una durata totale di due ore e mezza di infusione. Grazie a questo farmaco vado in palestra, gioco a calcetto, lavoro e conduco una vita normalissima. Senza farmaco sarebbe tutto più complesso: mi ammalerei spesso, non potrei stare a contatto con le persone, non potrei fare sport. Certo, devo comunque stare attento vista la fragilità del mio sistema immunitario. Ad esempio, per chi è affetto dalla mia patologia, ben prima del Covid, era già consuetudine utilizzare mascherine, disinfettante per le mani ed evitare di stare troppo a lungo in luoghi chiusi e affollati».
AIP A SOSTEGNO DEI PAZIENTI
«Nella nostra Associazione sono attivi diversi progetti per sostenere, informare e supportare i pazienti che sono e saranno sempre il fulcro del nostro operato. Attualmente è attivo un centralino chiamato “Immuno Help” dove mettiamo a disposizione di pazienti e famiglie figure professionali come consulenti, avvocati e psicoterapeuti. Abbiamo poi attivi molti progetti per le scuole grazie ai quali puntiamo a sensibilizzare sia sul lato donazione, sia sul lato vaccinazione. Molti bambini, infatti, il cui sistema immunitario è compromesso, non hanno potuto vaccinarsi per diverse malattie e rischiano di non poter andare a scuola se i compagni non sono vaccinati. Nella nostra Associazione è nato Lino Globulino, la mascotte che accompagna i più piccoli nel percorso di comprensione e accettazione della malattia, cercando di spiegare loro l’importanza della somministrazione dei plasmaderivati attraverso disegni e fumetti. Si tratta di un fido compagno che, sottoforma di peluche e t-shirt, può tenere compagnia ai bambini mentre ricevono l’infusione di immunoglobluline che, per loro, può durare anche sei ore. Il farmaco, infatti, per evitare shock anafilattici va iniettato piano piano».
MANCA L’INFORMAZIONE
«Ai donatori non posso far altro che dire grazie. Penso sempre che queste persone facciano un gesto senza secondi fini, molte volte perché in famiglia è una tradizione. Io stesso, che ho due figli gemelli, sani fortunatamente, ho chiesto loro come regalo di diventare donatori al compimento dei diciotto anni. È una cosa importante perché c'è tanta gente che ne ha davvero bisogno. A tutti quelli che vorrebbero donare, ma hanno paura vorrei ricordare che si tratta di un gesto fondamentale, di un'umanità e di una correttezza incredibile che permette a numerose persone di avere una vita normale. Il popolo italiano è molto generoso, ma sarebbe necessario che fosse più informato per conoscere l’utilità delle donazioni, non solo di sangue ma anche di plasma. Bisognerebbe fare una campagna informativa per far capire una cosa semplice, ma vitale: bisogna donare, in tutte le maniere possibili».
Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile