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Redazione
pubblicato il 22-04-2013

Meno traumi grazie a casco e cinghie di sicurezza



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Il primo registro italiano sulle gravi lesioni post-traumatiche rivela che sono diminuiti sensibilmente i casi di coma e che sono meno i giovani ad essere vittime di incidenti

Meno traumi grazie a casco e cinghie di sicurezza

Il primo registro italiano sulle gravi lesioni post-traumatiche rivela che sono diminuiti sensibilmente i casi di coma e che sono meno i giovani ad essere vittime di incidenti

Qualcuno avrà forse storto il naso di fronte alla rigidità delle norme di sicurezza stradale ma rispettare i limiti di velocità, allacciarsi la cintura di sicurezza e indossare il casco dà, oggi, i suoi frutti: sono in calo i casi di coma per trauma cranico, il cui principale responsabile è tuttora l’incidente sulla strada. I dati raccolti, tra il giugno 2008 e il dicembre 2011, da 29 centri di riabilitazione italiani, per la compilazione di un primo registro italiano sulle gravi lesioni cerebrali che conducono al coma, di prossima pubblicazione su European Journal of Physical Rehabilitation Medicine, confermano che solo il 46% dei pazienti nei reparti di riabilitazione ha subito un trauma cranico. Una conseguenza diretta di strade più sicure che hanno portato a un calo di morti per incidenti stradali da 6500 nel 2002 a 3800 nel 2012.

IDENTIKIT DEL PAZIENTE - Cambia quindi l’identikit del paziente che entra in coma e si risveglia, affrontando poi l’iter di riabilitazione cognitiva, motoria e funzionale. «Noi eravamo abituati a dire che l’età maggiormente a rischio era tra i 25 e 35 anni. In parte è ancora così, ma quello che stiamo osservando è che quelli che vanno in coma per grave trauma cranico non sono i più giovani», spiega Renato Avesani, Direttore del Dipartimento di Riabilitazione Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Verona. Negli ultimi anni, stando ai dati raccolti nello studio relativi a 1469 pazienti, si è alzata l’età media, che si aggira attorno ai 40-42 anni per il trauma cranico e ai 55 anni per un danno non traumatico.

DANNO AL CERVELLO - Quando di parla di danno al cervello si pensa subito al trauma cranico, ma più diffusa e dal recupero più incerto è invece la lesione cerebrale non-traumatica. Più della metà dei pazienti entrano in coma per emorragie cerebrali, ischemie o anossia, ovvero una complicanza dell’arresto cardiaco che fa mancare l’ossigeno al cervello per tempi più o meno lunghi. Questi pazienti rappresentano il 10-15% dei casi che si vedono nei reparti di neuroriabilitazione e hanno minori probabilità di un recupero completo. Se da un lato un forte colpo alla testa, che fa roteare il cervello all’interno della scatola cranica, ha un maggiore impatto emotivo, dall’altro l’effettiva lesione cerebrale risulta più circoscritta e, generalmente, più curabile. Una forte emorragia cerebrale o una duratura mancanza di ossigeno all’organo, invece, crea danni più diffusi e, quindi, difficilmente recuperabili.

RIABILITAZIONE - Fortunatamente non tutti i casi di coma hanno conseguenze disastrose e si assiste oggi a un’aumentata sopravvivenza sia per i traumi cranici che per i danni cerebrali più estesi. «Una volta si parlava di un anno di recupero per i traumatici e tre mesi per i non traumatici. In realtà, alla luce di quanto osserviamo oggi, questo non è vero, ad esempio la persona in stato vegetativo migliora progressivamente, non si sveglia all’improvviso, e questo miglioramento può protrarsi anche per degli anni», commenta Mauro Zampolini, Direttore della Neurologia e Riabilitazione dell’Ospedale di Foligno. La compilazione di un registro nazionale fa seguito all’esigenza di migliorare la valutazione del paziente e la riabilitazione neurologica motoria, cognitiva e funzionale, che si scontra ancora oggi con la mancanza di posti nelle strutture specializzate.

Cinzia Pozzi


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