Il 40% dei medici non si lava le mani a sufficienza sul luogo di lavoro. Anche i camici utilizzati non sono un esempio di igiene. E secondo uno studio statunitense sono le donne ad avere le mani più sporche.
Chi l'avrebbe mai detto che anche una semplice operazione come lavarsi le mani necessitasse di una giornata ad hoc? Ebbene si, sabato 15 ottobre verrà celebrerà la quarta edizione del Global Handwashing Day, la giornata mondiale per il lavaggio delle mani. Un evento quantomai necessario viste le statistiche degli ultimi mesi.
BRUTTA SORPRESA DAI CAMICI BIANCHI
Se una recentissima indagine britannica ha sottolineato quanto poco la gente si lavi le mani, rilevando che nel Regno Unito un cellulare su 6 è contaminato da Escherichia coli (il batterio intestinale protagonista, in una forma particolarmente virulenta, di una grave serie di infezioni in Europa), a destare maggiormente scalpore è il dato, pubblicato all'inizio del mese di settembre, riguardante le mani dei medici. Sorprendentemente emerge un quadro abbastanza singolare. Sono ancora pochi i medici e gli infermieri che si lavano le mani: circa il 40%, secondo uno studio statunitense. Ma l'allarme non è solo oltre Oceano. Anche gli ultimi dati dell'Oms che riguardano l'Italia non sono confortanti: una volta ogni cinque contatti con il paziente.
COMPOSIZIONE
A differenza di quanto si possa pensare sono proprio le mani ad essere le parti del corpo maggiormente “colonizzate” dai microrganismi. Secondo uno studio pubblicato alcuni anni fa dalla rivista PNAS, una mano può ospitare sino a 150 differenti specie di microrganismi. E alle donne sembrerebbe andare peggio. Secondo gli autori della ricerca infatti, è il gentil sesso ad avere le mani più “sporche”. La ragione sembrerebbe risiedere nel pH della pelle, leggermente meno acido rispetto agli uomini.
NON SOLO MANI
Ma a passarsela male non sono solo le mani ma anche gli abiti che indossiamo. In particolare, il dato che lascia sorpresi, è quello riguardante la carica batterica presente sui camici dei medici. Oltre il 60% è risultato positivo ai test per la rilevazione della presenza di batteri potenzialmente pericolosi per la salute umana. A rivelarlo è uno studio pubblicato dall'American Journal of Infection Control, condotto negli Stati Uniti e in Israele. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, in alcuni Paesi in via di sviluppo il rischio di infezioni contratte in ospedale è fino a 20 volte superiore rispetto alle nazioni sviluppate. Ma anche in stati avanzati, come conferma lo studio, il pericolo è in agguato. Come dichiara il dottor Russell Olmsted, presidente della Association of Professionals in Infection Control and Epidemiology, «Qualsiasi abbigliamento che venga indossato dagli esseri umani è contaminato da microrganismi. La pietra miliare della prevenzione delle infezioni quindi rimane il lavaggio delle mani per evitare il passaggio dei microbi da queste superfici ai pazienti».
PREVENIRE L'INFLUENZA- Lavare le mani rappresenta anche il miglior metodo per contrastare il diffondersi di varie malattie, influenza compresa. Ma come fare? Anche se può sembrare un gesto banale, è utile tenere sempre a mente alcuni preziosi consigli per un lavaggio corretto. Per prima cosa bisogna sapere che è meglio lavarsele con sapone e acqua calda per almeno 20 secondi. Un lavaggio accurato prevede la pulizia anche dei polsi e persino sotto le unghie. Quando? E' facile intuirlo: prima di preparare cibo o di mangiare, dopo essere andati in bagno, prima e dopo avere assistito chi è malato, dopo che ci si è soffiato il naso (e anche successivamente a starnuti i colpi di tosse) ed infine dopo la manipolazione di alimenti crudi, in particolare la carne e il pesce. Se proprio non c'è a disposizione l'acqua, il consiglio è quello di utilizzare prodotti disinfettanti a base di alcool.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.