Le cadute in gruppo non sono le sole insidie per un ciclista professionista. Allergie e disidratazione sono i pericoli principali capaci di compromettere una stagione. E il fenomeno dell'asma è in rapido aumento
Le cadute in gruppo non sono le sole insidie per un ciclista professionista. Allergie e disidratazione sono i pericoli principali capaci di compromettere una stagione. E il fenomeno dell'asma è in rapido aumento
Nello sport professionistico ogni minimo particolare può fare la differenza. Chi corre il Giro d'Italia lo sa bene, un piccolo fattore fuori posto e la corsa preparata per un anno può saltare. Le insidie sono molte ma al Giro quella principale si chiama polline. Un disturbo non di poco conto che affligge sempre più ciclisti professionisti. Una sorta di malattia del mestiere. Ma le allergie non sono le sole insidie. Anche l'ipoidratazione è un problema non da sottovalutare capace di mandare all'aria un'intera gara.
ALLERGIE IN GRUPPO- I numeri lasciano poco spazio alle interpretazioni. Come dichiara il dottor Carlo Guardascione, responsabile dello staff medico della squadra Lampre-IDS, una delle più quotate della corsa rosa, «Le allergie sono un fenomeno in continuo aumento nel ciclismo professionistico. Si calcola che siano circa il 20% dei ciclisti a soffrirne. E il fenomeno diventa ancora più accentuato nel caso dei giovani. Si toccano addirittura dei picchi prossimi al 30%». Dati impressionanti ottenuti dai molti test allergologici e spirometrici a cui i professionisti si sottopongono di continuo. Il motivo di questa epidemia è facile da intuire. Un ciclista è solito allenarsi tutti i giorni, per diverse ore, su strade trafficate e con smog dove le automobili sollevano di continuo le polveri a bordo strada. «Queste condizioni, protratte per anni, possono fare in modo che nel corridore si generino queste problematiche. Per fare un esempio pratico -spiega Guardascione- nella nostra squadra circa il 25% degli atleti soffre di asma e il 35% ha problemi respiratori».
LE CURE- Fortunatamente, quello che poteva essere un grosso problema sino a qualche anno fa, capace nei casi più gravi di compromettere addirittura la carriera, ora riesce ad essere gestito in maniera abbastanza agevole. «I ciclisti oggi, grazie ai progressi della medicina, riescono ad essere curati tranquillamente come si fa con le persone affette da allergia che non praticano sport. I farmaci in questo caso non mancano. Tengo però a sottolineare che i principi attivi utilizzati non alterano in meglio la prestazione dell'atleta. Anzi, se sei fortunato, la pareggiano al livello di chi è sano». Infine, sempre per quanto riguarda le allergie, una curiosità: nell'esperienza del dottor Guardascione i ciclisti sudamericani, nonostante si allenino in Europa, sono i più immuni a questo genere di problematiche respiratorie. La ragione probabilmente risiede nella minor esposizione durante l'infanzia agli allergeni in questione.
ACQUA E SOLE- Ma se il problema principale dei ciclisti al Giro è quello dei pollini, il discorso cambia quando nel mese di luglio affrontano il Tour de France. Qui la vera insidia è il sole e il caldo torrido. «Soprattutto quando attraversiamo le regione del sud della Francia -spiega Guardascione- il caldo torrido è un problema non indifferente. Lo si affronta tenendo il livello di idratazione sempre sotto controllo in maniera semplice: bevendo molto e assumendo integratori di sali minerali. Non solo, negli utlimi anni si sono adottate anche delle piccole accortezze che consistono nell'indossare “fasce” di gel refrigerante intorno al collo e alle caviglie». E ai consigli del dottor Guardascione non stentiamo a credere. Non a caso il fattore che limita in maniera significativa la prestazione atletica, oltre al calo glicemico, è proprio l'ipoidratazione.
MACCHINA PERFETTA- Ma quando si riesce a scampare ad allergie e problemi legati alla scarsa idratazione, i ciclisti devono prestare attenzione anche ai più comuni infortuni del mestiere. Fratture, bronchiti e malanni di stagione potrebbero costringerli ad uno stop forzato di diversi giorni. Una vera sventura per un professionista. «Basta perdere 10-15 giorni di allenamento per vanificare l'allenamento dei due mesi precedenti» conclude Guardascione.