Spegnere l'infiammazione sul nascere bloccando il danno epiteliale. Tezepelumab, da poco disponibile anche in Italia, consentirà di trattare efficacemente le forme di asma grave
Nelle forme di asma grave è più che mai fondamentale "spegnere" l'infiammazione. Per farlo occorre agire alla radice bloccando il danno nell'epitelio dei bronchi, vero innesco delle crisi. Come? Attraverso la somministrazione di anticorpi in grado di fermare questo segnale. Fortunatamente anche in Italia è da poco disponibile tezepelumab, anticorpo monoclonale recentemente approvato da AIFA per le persone affette da asma grave.
CHE COS'È L'ASMA?
L'asma è una delle patologie più diffuse a carico dell'apparato respiratorio. Essa è causata da un'eccessiva risposta infiammatoria in seguito a diversi stimoli esterni. Il risultato di questa infiammazione è la chiusura, più o meno accentuata, dei bronchi. Una situazione che impedisce all'aria di entrare e uscire bloccando dunque la respirazione. In Italia, secondo le ultime stime al ribasso, si calcola ne soffrano circa 4 milioni e mezzo di persone.
COME SI CURA?
Il trattamento dell'asma varia a seconda della gravità della malattia. Per le forme lievi-moderate la cura si basa sull'assunzione di antinfiammatori come corticostroidi e broncodilatatori. Esistono però dei casi dove questi trattamenti non bastano. «Si definisce asma grave quella forma di asma che, nonostante il trattamento di fondo, rimane non controllato sia per frequenza che per gravità di sintomi. In Italia ne è affetto fino al 10% dei pazienti asmatici, circa 300mila persone, e ha un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti» spiega Giorgio Walter Canonica, Professore & Senior Consultant Centro di Medicina Personalizzata Asma e Allergie Humanitas University & Istituto Clinico e di Ricerca IRCCS Milano.
Attualmente nei casi di asma grave si utilizzano delle terapie base a cui viene aggiunta una cura a base di anticorpi in grado di bloccare quei mediatori chimici responsabili dell'infiammazione. In particolare questi farmaci mirano a bloccare singoli elementi della complessa cascata immuno-infiammatoria responsabile dei sintomi e delle manifestazioni cliniche dell'asma. «Questi trattamenti -aggiunge Paola Rogliani, Ordinaria di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università di Roma Tor Vergata; Direttore UOC Malattie Apparato Respiratorio, Fondazione Policlinico Tor Vergata- lasciano attivi alcuni mediatori che possono ancora causare riacutizzazioni e compromettere il controllo della malattia. Potrebbero non essere adatti per i pazienti con molteplici vie infiammatorie coinvolte nell’asma, e quindi potrebbero non rispondere all’eterogeneità della malattia e alla sua potenziale variabilità nel tempo».
BLOCCARE IL DANNO EPITELIALE
Ecco perché, provare a bloccare l'infiammazione a monte, potrebbe essere una strategia utile per curare i casi di asma grave. Una delle molecole chiave implicate in questo fenomeno è TSLP, una citochina pro-infiammatoria rilasciata prevalentemente dalle cellule dell'epitelio bronchiale a seguito di un danno alle vie aeree indotto da diversi stimoli come virus, batteri, allergeni, fumo, stress meccanici ed inquinanti. Bloccare l'attività di TSLP è fondamentale per ridurre il danno. Per ottenere questo risultato è stato progettato tezepelumab, anticorpo monoclonale in grado di agire a livello della barriera epiteliale inibendo il legame tra TSLP ed il suo recettore localizzato su molteplici elementi cellulari coinvolti nella risposta infiammatoria e broncocostrittiva dell'asma.
I RISULTATI DEGLI STUDI
«Negli studi di fase II e III, tezepelumab si è dimostrato efficace in pazienti affetti da asma grave non controllata, indipendentemente dal fenotipo infiammatorio e dal livello di espressione di biomarcatori. Gli studi clinici PATHWAY e NAVIGATOR hanno confermato l’efficacia di tezepelumab, dimostrando come il farmaco sia in grado di ridurre le riacutizzazioni di malattia, migliorare la funzionalità polmonare, il controllo dei sintomi e la qualità della vita in tutte le tipologie di pazienti» spiega Matteo Bonini, Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso la Sapienza Università di Roma. Testato su oltre 2mila pazienti, il farmaco ha portato ad una riduzione clinicamente significativa delle esacerbazioni dal 50 fino ad oltre l'80%.
CHI PUÒ USARE QUESTA TERAPIA?
Grazie all'approvazione di AIFA tezepelumab potrà essere utilizzato come terapia aggiuntiva di mantenimento nei pazienti di età pari o superiore a 12 anni affetti dalla patologia e che non sono adeguatamente controllati nonostante l’utilizzo di corticosteroidi inalatori ad alto dosaggio, in aggiunta a un altro farmaco per il trattamento di mantenimento. «Un'approvazione -conclude la Rogliani- che risponde al bisogno clinico delle forme di asma grave indotte da diversi trigger infiammatori e di riacutizzazione, che fino ad ora non avevano una tale opzione terapeutica disponibile. La disponibilità del farmaco anche in Italia rappresenta un importante progresso, offrendo un’opportunità significativa di trattamento per i pazienti affetti da questa malattia».
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.