Video intervista a Saverio Bellizzi, epidemiologo di Medici Senza Frontiere. «Serve più impegno per curare le malattie della povertà»
Oltre ottomila casi, 4024 decessi: all'incirca il 50% di tutti gli affetti. L'ebola continua a mietere vittime, sopratutto in Africa. Quattro i Paesi finora colpiti nel continente: Guinea, Nigeria, Liberia e Sierra Leone. La situazione è estremamente grave in questi ultimi due Stati, ai limiti del controllo. Ma l'infezione, provocata da un virus della famiglia flaviviridae, ha per la prima volta superato i confini dell'Africa: arrivando negli Stati Uniti, in Spagna e in Germania. E la diffusione della malattia, nonostante i numeri, è tutt'altro che finita. I tassi raddoppiano ogni 15-20 giorni: segno che l'epidemia è ancora nella fase di rapida ascesa.
Come si trasmette il virus? Quali rischi ci sono per gli Stati occidentali? Come occorrerà intervenire per arrestare l'espansione dell'epidemia che finora fa contare più vittime di tutte le precedenti epidemie di ebola messe assieme? Perché la comunità internazionale si è mossa con ritardo?
A queste domande risponde Saverio Bellizzi, epidemiologo di Medici Senza Frontiere, rientrato pochi giorni fa dalla Liberia e intervenuto nel corso di un seminario organizzato per gli studenti della facoltà di medicina da Adriano Lazzarin, primario della divisione di malattie infettive all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Le domande:
- Per quale motivo l'epidemia di ebola ha superato per la prima volta i confini africani?
- Perché le conseguenze della propagazione del virus sono differenti da un Paese all'altro?
- Come avviene il contagio da virus ebola?
- Fino a quanto tempo dopo l'infezione il paziente risulta contagioso?
- Isolare i Paesi coinvolti è davvero l'unica arma per frenare l'avanzata dell'epidemia?
- Quali sono le responsabilità della comunità internazionale?
- Perché c'è poca attenzione nei confronti delle malattie della povertà?