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Donatella Barus
pubblicato il 14-09-2012

Con la nanotecnologia il più piccolo è il più potente



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THE FUTURE OF SCIENCENANOTECNOLOGIEMARK HOROWITZINGEGNERIA ELETTRONICASCALING «Oggi molte persone hanno smartphone con più capacità di calcolo del più veloce supercomputer di 25 anni fa» spiega Mark Horowitz, docente all’Università di Stanford e relatore alla Conferenza di Venezia. La corsa del nanotech non si fermerà

Con la nanotecnologia il più piccolo è il più potente

Mark Horowitz dirige il dipartimento di Ingegneria elettronica ed è Professore in ingegneria elettronica e informatica all’Università di Stanford. E’ stato uno dei fondatori della Rambus Incorporated, un’azienda che nei primi anni ‘90 ha contribuito a rivoluzionare l’industria delle memorie ad alte prestazioni, con prodotti usati per computer e videogame. E’ membro delle più importanti società scientifiche del settore (Institute of Electrical and Electronics Engineers, Association for Computing Machinery, National Academy of Engineering, American Academy of Arts and Science). Guida progetti di ricerca che studiano la biologia molecolare per creare nuovi circuiti ad elevata integrazione (VLSI). A Venezia terrà un intervento dal titolo La storia dell’elaborazione: perché fare le cose più piccole significa renderle più potenti.

Professor Horowitz, quali sfide attendono la società dell’informazione?

La nostra abilità nel processare e comunicare l’informazione è cresciuta in modo straordinario. Oggi molte persone si portano in tasca degli smartphone che hanno più capacità di calcolo del più veloce supercomputer di 25 anni fa. Abbiamo reso l’elaborazione e la comunicazione così a buon mercato che la sfida più importante adesso è immaginare nuovi problemi da sottoporre all’information technology.

I servizi che siamo abituati a dare per scontati, come ottenere informazioni istantanee dal web, usare i social network, navigare con il GPS e avere notizie online sul traffico, e tanti altri, appena pochi anni fa non esistevano. Il nostro principale obiettivo ora è trovare nuove applicazioni che possono sfruttare l’information technology per migliorare l’esistenza dell’uomo, dalla salute all’ambiente, e per creare un intrattenimento di qualità sempre più elevata.

«Per almeno un secolo abbiamo ridotto le dimensioni dei dispositivi elettronici, negli ultimi 50 anni grazie alla capacità di produrre transistor ogni anno più piccoli dell’anno precedente». Sono parole sue. Crede che questa corsa finirà? Quali sono i limiti e gli orizzonti dei nano-dispositivi?

La dimensione dei dispositivi è diminuita progressivamente per circa mezzo secolo e, come ha detto Gordon Moore, uno dei fondatori di Intel, nessun andamento esponenziale può durare all’infinito. Eppure finora tutte le previsioni sulla fine dei processi di scala si sono rivelate errate, così non cercherò di predire quando questo si fermerà. Credo che la miniaturizzazione delle apparecchiature finirà per avere un termine, ma non vuol dire che finirà anche la loro innovazione. C’è già stata una grande diversificazione dei nanodispositivi prodotti e mi aspetto che questa creatività continui anche quando lo scaling rallenterà.

Lei ha contribuito a far nascere un’azienda, la Rambus Incorporated. Crede che un’avventura pioneristica come quella sarebbe ripetibile oggi?

Senza alcun dubbio. Ho vissuto nella Silicon Valley per 30 anni e ho visto nascere numerose imprese. E mentre la tipologia di aziende è andata cambiando nel tempo, il processo creativo che le forma è vitale oggi come è sempre stato.

 

Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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