Questo è l'obiettivo dei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica, una grave malattia rara che peggiora rapidamente. Il successo dell'ntervento dipende anche da diagnosi tempestiva e dall'età. Speranze per nuove molecole che ne rallentano la progressione
Ammalarsi di fibrosi polmonare idiopatica, una rara malattia che innesca grave insufficienza respiratoria, significa dirigersi verso un’unica direzione: il trapianto di polmone. I tempi di attesa in Italia per questo intervento - quasi due anni secondo l’ultimo report annuale del Centro Nazionale Trapianti - sono spesso incompatibili con la rapidità di progressione della patologia, caratterizzata oggi da un tasso di sopravvivenza a cinque anni di solo il venti per cento. Di più ampio respiro il futuro: merito di una maggiore conoscenza della malattia e di nuove terapie sperimentali che ne rallentano la progressione aumentando le probabilità dei pazienti di arrivare, davvero, al trapianto.
Cosa si può fare per la fibrosi polmonare idiopatica?
SENZA FIATO
Così vivono i pazienti colpiti da fibrosi polmonare, oggi almeno novemila in Italia. Ogni respiro è faticoso e, con il tempo, lo diventano anche ridere, piangere e lavarsi i denti. Seppure il decorso possa essere diverso nei pazienti, la malattia peggiora rapidamente rendendo necessario il ricorso all’ossigeno. E’ una cicatrizzazione del tessuto polmonare a innescare la fame d’aria: placche di fibrosi densa irrigidiscono gli alveoli e interferiscono con lo scambio capillare di ossigeno. Le cause sono sconosciute (da qui il termine «idiopatica»). Gli esperti puntano il dito contro il fumo, primo fattore di rischio anche per altre malattie polmonari infiammatorie, ma potrebbe essere la genetica a decidere chi si ammala: un recente studio internazionale, pubblicato su Nature, ha identificato mutazioni in tre geni e sette regioni genetiche associate con un ruolo chiave nella patogenesi. Affanno e tosse secca persistente sono le prime manifestazioni: aspecifiche, non aiutano a riconoscere la malattia che viene spesso confusa con altre infezioni respiratorie o forme neoplastiche.
Tumore del polmone: pro e contro dello screening
UN FRENO ALLA MALATTIA
«Appena si ottiene la diagnosi è necessario riferirsi a un centro in cui si fa attività trapiantologica: l’immissione nella lista trapianti deve essere più precoce possibile – spiega Federico Rea che, presso il Policlinico di Padova, dirige l’unità di chirurgia toracica leader in Italia per numero di trapiantati con fibrosi polmonare idiopatica - La fibrosi polmonare è la malattia più complessa da curare con il trapianto, dopo il quale il paziente si libera dall’ossigeno e torna a una vita normale. L’esito è però legato anche alle sue condizioni prima dell’intervento e all’età.» Rallentare la fibrosi per prendere tempo: è questa la strategia messa in atto dalle nuove molecole sviluppate ad hoc per la malattia. Solo una, il pirfenidone, è stata approvata al momento anche in Italia dopo le conferme di efficacia da due studi clinici, i cui risultati sono stati pubblicati su Lancet, che hanno coinvolto 110 centri tra Australia, Europa e Nord America.
LA CULTURA DEL DONO
E’ stata l’obiettivo della settimana IPF (Fibrosi Idropatica Polmonare) appena conclusa, con la campagna internazionale «Breath of Hope» promossa dalle associazioni di pazienti per diffondere conoscenze sulla malattia e renderla più riconoscibile. «Può essere trattata con il trapianto di polmone singolo o doppio, con buoni risultati. Oggi in tutto il mondo le liste di attesa privilegiano i pazienti più gravi, quindi stanno aumentando i pazienti con fibrosi polmonare che arrivano al trapianto rispetto a quelli con enfisema, l’altra patologia trattabile chirurgicamente. Ma il problema rimane ancora la scarsità di donatori. » Non solo: l’insorgenza della fibrosi polmonare idiopatica è attorno i 65 anni di età che coincide con il limite anagrafico oltre il quale non è possibile accedere al trapianto d’organo in molti centri italiani.