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Redazione
pubblicato il 12-12-2011

Alla scoperta del gene della siccità



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Genetisti milanesi, guidati dalla professoressa Chiara Tonelli, stanno studiando i mezzi per un’agricoltura sostenibile che aiuterà a combattere la fame nel mondo

Alla scoperta del gene della siccità

Genetisti milanesi, guidati dalla professoressa Chiara Tonelli, stanno studiando i mezzi per un’agricoltura sostenibile che aiuterà a combattere la fame nel mondo.

La genetica, scienza che si è sviluppata prodigiosamente con la decifrazione del DNA, può aiutare a trovare una soluzione al drammatico problema della fame nel mondo? Certamente se l’obiettivo dei genetisti è accrescere la produttività agricola, cioè scoprire mezzi e modi per aumentare i raccolti dei campi. E nel mondo l’agricoltura consuma il 70% dell’acqua ma ne restituisce all’ambiente soltanto il 30%.

In un pianeta su cui incombono cambiamenti climatici globali oltre a un continuo aumento della popolazione, costituisce una grave minaccia proprio la siccità. La professoressa Chiara Tonelli, docente di Genetica all’Università di Milano, e il suo assistente universitario, Massimo Galbiati, da anni stanno studiando questo pressante problema e grazie al sostegno della Fondazione Veronesi hanno elaborato il Progetto Agrisost, un programma che come la sigla stessa suggerisce, si occupa di rendere “sostenibile” l’agricoltura,

“Anche nelle aree più fertili”, ha spiegato il professor Galbiati, “bastano a volte periodi brevi di carenza d’acqua per causare rilevanti diminuzioni nella produzione di sementi e biomasse ogni anno. E’ indispensabile, dunque, sviluppare nuove coltivazioni capaci di maggior rendimento in condizioni di carenza idrica”. Ed ecco che qui entrano in scena i genetisti che sono andati alla ricerca di un gene “chiave” per controllare la traspirazione delle piante. Le quali piante sulle foglie presentano una serie di fitti “stomi”. “Questi pori, chiamiamoli così, si aprono per lasciar uscire acqua, l’obiettivo per noi è trovare il gene che produce questo movimento e renderlo inattivo. Allora gli stomi restano socchiusi e disperdono meno liquidi nell’aria”, spiega Galbiati. “Il gene ‘chiave’ l’abbiamo trovato per il tabacco, i pomodori e l’uva. Ora stiamo lavorando a quello del riso”. La vera sfida è in corso: “Ora infatti si tratta di uscire dai laboratori e andare nei campi”.  


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