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Alimentazione
Fabio Di Todaro
pubblicato il 09-09-2015

Mense scolastiche, si può fare di più



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La qualità mediamente è alta, ma ancora si spreca, non si fa la differenziata e si consumano poca frutta e verdura. Il pasto a scuola è un momento educativo fondamentale

Mense scolastiche, si può fare di più

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Erano nate come luogo per offrire un pasto ai più indigenti. Nel tempo, però, hanno cambiato connotazione sociale e oggi rappresentano l’habitat in cui il 53,4% dei bambini italiani consuma almeno un pasto al giorno, cinque in una settimana. L’inizio della scuola rappresenta anche il ritorno al pranzo in mensa per la maggior parte dei piccoli studenti: con una prevalenza decrescente da Nord (oltre il 35%) a Sud (10,3% nelle Isole), dalla scuola dell’infanzia (64,4%) a quella secondaria di primo grado (6,1%). Come mangiano i nostri figli nelle scuole italiane?

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LE PAGELLE DEL MINISTERO

Tutto sommato bene, secondo il Ministero della Salute, che a giugno ha presentato i risultati della prima indagine conoscitiva sulla ristorazione scolastica. I dati più significativi hanno messo in luce una diffusa conoscenza (73%) delle linee di indirizzo nazionali per la ristorazione scolastica - mirate all’adozione di abitudini alimentari corrette fin dalla più tenera età e alla somministrazione di cibi di nuova conoscenza -, la frequente adozione di modelli dietetici redatti da esperti delle Asl (85%), accompagnati da messaggi nutrizionali (62%). Alcuni aspetti, però, possono essere migliorati. Resta da capire perché che sia ancora una minima percentuale di scuole (2,39%) che, pur conoscendo le linee guida, non le applica.

Oppure perché, sebbene il pool di esperti nazionali abbia indicato in porzioni di frutta o verdura il contenuto degli spuntini di metà mattina e pomeriggio, soltanto il 28% degli istituti segua le indicazioni alla lettera: più al Nord che nel Mezzogiorno. Preoccupanti sono anche alcuni trend riguardanti la tutela dell’ambiente. Lo spreco, in alcune giornate, può superare anche il 50%. In una quota non trascurabile di plessi scolastici (16%) non si conduce la raccolta differenziata e i menù - che vengono fatti ruotare su quattro o cinque settimane - non sempre rispettano i criteri di stagionalità e basso impatto ambientale: come da indicazione delle linee guida. 

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IL GIUDIZIO DEI BAMBINI

Non deve stupire che il passato di verdure rimanga quasi sempre nel piatto e la cotoletta - come un po’ tutte le pietanze fritte - sia uno dei piatti preferiti. Per i bambini mangiare a scuola è un momento formativo, oltre che una necessità. È proprio su ciò che in prima battuta viene scartato che occorre lavorare, agendo anche su altri fattori che condizionano i comportamenti di un bambino: come gli errori nelle preparazioni (condimenti eccessivi), nelle distribuzioni (piatti che arrivano freddi, “bis” di pasta che viene servito con troppa facilità) e le condizioni degli ambienti in cui mangia (non in tutte le scuole c’è una stanza riservata al consumo del pranzo).

Di sicuro i piatti non troppo elaborati - come confermato anche da un’indagine condotta in dieci scuole di cinque città italiane da Altroconsumo - sono i più graditi: pasta al pomodoro, al pesto, condita con olio o burro. I secondi, in linea generale, piacciono, anche se nelle scuole si consuma ancora poco pesce. La vera difficoltà sta nel far accettare i legumi e i contorni. Auspicabile appare anche la scelta, già adottata in alcune realtà, di proporre a metà mattina la frutta servita a pranzo. Alle 10,30 i bambini hanno più fame che a fine pasto e così anche gli scarti si ridurrebbero.

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IL RUOLO DELLA COMMISSIONE MENSA

I genitori che nutrono dubbi sulla composizione del menù scolastico del proprio figlio possono interpellare la commissione mensa: un organismo costituito da genitori e docenti che ha il compito di monitorare la qualità del servizio e proporre - ove necessario - variazioni nel menù, nelle modalità di erogazione o nei capitolati d'appalto. È un’opportunità, ma non va utilizzata per assecondare i gusti del proprio figlio. Se la frittata non gli piace, piuttosto che protestare, converrà spiegargli perché sarebbe giusto che la mangiasse.


@fabioditodaro

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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