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Alimentazione
Stefano Masin
pubblicato il 26-05-2012

La cucina etnica? Meglio se con prodotti italiani



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La cucina straniera ha raggiunto una diffusione notevole in Italia, a dimostrazione del fatto che piace. La ricerca ne ha evidenziato anche aspetti positivi legati alla salute, purché le materie prime siano di qualità, e l'approccio sia moderato

La cucina etnica? Meglio se con prodotti italiani

Il cibo etnico è diventato una realtà con cui quasi tutti, almeno una volta, si sono confrontati. In Italia, in particolare nei grandi centri urbani, l’offerta in tal senso aumenta molto velocemente, supportata da una clientela sempre più affezionata e stabile. Ciò significa che l’etnico piace al palato degli italiani, ma al loro organismo?

TRE AREE DI PROVENIENZA - La cucina etnica, di fatto, non ha una definizione precisa, ma si può interpretare come l’insieme delle tradizioni culinarie di un popolo, ciò che più lo rappresenta sia dal punto di vista dei prodotti del territorio, sia dell’utilizzo che ne viene fatto. Il cibo etnico così come lo conosciamo, è suddiviso in tre macroaree, Oriente, Nord Africa e Sud America. A differenza della cucina occidentale e della dieta mediterranea in particolare, questi tre “stili” sono caratterizzati da un forte utilizzo di spezie e aromi. « La cucina etnica -come spiega Lucilla Titta, ricercatrice e nutrizionista dello Ieo, Istituto Europeo di Oncologia- va distinta dal cibo etnico, nel senso che se si parla di cucina, è possibile preparare un piatto cinese, ad esempio, ma con prodotti italiani. Questo è il primo passo verso un approccio sano a un regime alimentare che non rientra nelle nostre tradizioni».  Continua Titta: « Un olio extravergine di oliva, piuttosto che un riso italiano, sono già garanzia di qualità, a prescindere da come sono cucinati, e non contengono grassi o sostanze che il nostro metabolismo non è abituato ad assimilare». È importante, quindi, prestare attenzione alle materie prime utilizzate, che possono fare la differenza in tema di digeribilità o salubrità.

LE SPEZIE CHE FANNO BENE - Diverso è il discorso delle spezie e dei condimenti. A prescindere dal fatto che possano piacere o no, il problema è se un utilizzo prolungato nel tempo da parte di chi non è abituato fin da giovane possa essere dannoso. A tal proposito la dottoressa Titta sottolinea che: « Molte spezie, ampiamente studiate in medicina, hanno effetti positivi per il nostro organismo. Basti pensare al curry, un condimento tipico della cucina in indiana, che contiene tra i vari ingredienti la curcuma che, a sua volta, contiene la curcumina, una sostanza che esercita un’attività biologica protettiva. E ancora il peperoncino, molto utilizzato in Sud America, ma anche in Nord Africa, che contiene la capsaicina i cui effetti positivi sul cuore sono ampiamente riconosciuti. »Pare difficile, quindi, che una cucina etnica che nutre una parte del mondo possa essere dannosa per un’altra, anzi. Se interpretata nel modo giusto, oltre che piacevole, può essere anche utile all’organismo. Come conclude la dottoressa Titta: “vale l’atteggiamento per qualsiasi stile alimentare, nel senso che se un prodotto è di qualità, e non si aggiungono grassi saturi o eccessivo sale, già presente in modo naturale negli alimenti, qualunque cucina può essere sana e gustosa”.


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