Studi preliminari italiani ipotizzano un ruolo importante di questa proteina P53 nella proliferazione dei tumori solidi-
È stata scoperta da un gruppo di ricercatori dell’Ospedale Regina Elena di Roma, guidati dalla dottoressa Silvia Soddu, una ‘nuova’ funzione della proteina p53, correlata all’omonimo gene TP53.
Essa sembrerebbe responsabile di indurre la formazione di un micro-ambiente ad hoc per la crescita e la proliferazione dei tumori, come dimostra lo studio pubblicato di recente sulla rivista Oncogene.
LA PROTEINA P53
La capacità della proteina p53 di generare uno stato infiammatorio che ‘eccita’ la proliferazione del tumore - almeno nel 50% di essi - era già nota. Partiti da questa consapevolezza, i ricercatori romani ne hanno però compreso il meccanismo di azione: la p53 diminuirebbe la produzione di un’altra proteina, sua antagonista – chiamata sIL1RA – la quale svolge un effetto ‘calmante’ su molti tumori solidi.
In pratica, alterando questa particolare funzione infiammatoria della p53 si potrebbero ottenere effetti benefici sul controllo del tumore. «I risultati preliminari dello studio - spiegano Gianluca Bossi e Valentina Ubertini, fra gli autori dello studio - portano a pensare che, una volta modificata, questa proteina potrebbe essere utilizzata in quei tumori che rispondono a terapie bersaglio sulla molecola proteica IL-1». Riuscendo così a inibire la crescita della malattia.
IL PARERE DELL’ESPERTO
La scoperta ribadirebbe l’importanza, emersa di recente, del microambiente, inteso come una sorta di impalcatura che agisce sulla cellula e che ‘alimenta’ il tumore nel bene e nel male: «Il microambiente - spiega Rosa Marina Melillo, professore associato di patologia generale all’Università Federico II di Napoli - può infatti sia rallentare sia accelerare la crescita e la progressione della malattia.
Vale a dire che uno stato infiammatorio, come quello presente in alcune malattie croniche sia di tipo infettivo sia non infettivo, quali la colite ulcerativa cronica o l’epatite virale, possono favorire lo sviluppo di tumori negli organi da cui originano mentre altri tipi di infiammazione bloccarne l’insorgenza».
E le terapie antitumorali di ultima generazione mirano proprio a rompere la relazione fra microambiente e cellula tumorale. «La scoperta dei ricercatori romani - continua la Melillo – ha permesso di capire che la funzione ‘benefica’ della p53, deputata a controllare la proliferazione anomala delle cellule tumorali, risiede almeno in parte nella sua capacità di stimolare la produzione di una proteina (sIL1Ra) a sua volta diretta contro un’altra che invece ha una azione inversa (IL-1) e che attiva la crescita della malattia. Lo studio potrà quindi avviare sia ricerche per lo sviluppo di farmaci che riducono lo stato infiammatorio di alcuni tumori, ma anche di altri possibili meccanismi con cui la proteina p53 potrebbe attenuare le risposte infiammatorie». Con un importante obiettivo: ampliare le conoscenze sui meccanismi e condizioni di insorgenza dei tumori e trovare nuovi bersagli terapeutici per la cura di pazienti oncologici.