Anticorpi che fungono da ponte. Da un lato riconoscono il tumore, dall'altro lo mettono in contatto con il sistema immunitario per procedere all'eliminazione. Un approccio raccontato in tre pubblicazioni del gruppo AAAS
La lotta al cancro passerà anche dagli anticorpi bispecifici. Se ai più questo nome dirà poco o nulla, sono sempre più numerosi gli studi a riguardo di questo "nuovo" approccio per sconfiggere le cellule cancerose. La strategia -che rientra in quel ventaglio di opportunità chiamate "immunoterapia"- prevede la creazioni di anticorpi capaci da un lato di riconoscere la cellula tumorale, dall'altro di "presentarla" al sistema immunitario affinché venga eliminata. Tre studi da poco pubblicati rispettivamente su Science, Science Immunology e Science Traslational Medicine, effettuati per ora in modello animale, hanno sancito la bontà dell'approccio per alcuni tipi di tumore particolarmente resistenti alle terapie.
GUARDARE AL SISTEMA IMMUNITARIO
Sino ad una decina di anni fa il cancro poteva essere affrontato attraverso l'approccio chirurgico, chemioterapico e radioterapico. Tre strategie che integrate tra loro hanno consentito di raggiungere ottimi risultati. La svolta però la si è avuta quando la medicina ha cominciato a guardare la lotta al cancro spostando l'attenzione sul sistema immunitario. L'idea di fondo consiste nello sfruttare le nostre difese con l'obbiettivo di riconoscere ed eliminare le cellule cancerose. Un meccanismo, del tutto fisiologico, che non sempre però funziona poiché i tumori sono in grado di spegnere il nostro sistema immunitario e crescere in maniera indisturbata. Negli anni la ricerca è riuscita nell'intento di creare gli immunoterapici, anticorpi capaci di agire sul sistema immunitario tenendolo di fatto sempre acceso. Un approccio che ha rivoluzionato il trattamento di tumori come il melanona, il tumore del polmone e il tumore del rene.
LE CELLULE CAR-T
Ma le novità in fatto di immunoterapia non finiscono qui. Da qualche tempo a questa parte, complice lo sviluppo di tecniche di manipolazione del Dna sempre più precise, gli scienziati sono in grado di agire sul "libretto di istruzioni" delle cellule immunitarie. E' questo il caso delle terapie Car-T: la tecnica consiste nel prelievo dei linfociti T del malato per modificarli geneticamente in modo che sulla superficie esprimano un recettore chiamato Car. La presenza di Car ha come effetto un potenziamento dei linfociti che li rende in grado, una volta reinfusi nel malato, di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo, fino a eliminarle. Un approccio che ha cambiato radiclamente il trattamento di alcuni tumori del sangue resistenti alle cure tradizionali.
GLI ANTICOPRI BISPECIFICI
Prossimo passo sarà ora quello degli anticorpi bispecifici. Anche se sono già oltre 100 quelli in fase di studio, la peculiarità di quelli utilizzati negli studi da poco pubblicati sulle riviste del gruppo AAAS è quella di agire direttamente contro le cellule tumorali caratterizzate da mutazioni nelle proteine P53 e RAS. Queste, quando mutate, portano la cellula alla perdita del controllo nel ritmo di replicazione ed è per questa ragione che sono associate a molte forme tumorali. Il vero problema è che queste proteine mutate sono localizzate all'interno della cellula e per questo motivo, molti delle terapie target sviluppate negli anni, non hanno portato a grandi risultati. Un problema forse superabile grazie all'utilizzo degli anticorpi bispecifici, una sorta di ponte tra il tumore e le nostre cellule di difesa.
COLPIRE P53 E RAS
Nei tre differenti studi pubblicati da poco, opera dei ricercatori della Johns Hopkins University School of Medicine, gli scienziati sono riusciti a creare degli anticorpi bispecifici capaci di riconoscere selettivamente alcune tracce delle proteine sulla superficie del tumore riconducibili a P53 E RAS. Un'impresa non da poco se si considera che le cellule tumorali esprimono in superficie pochissime copie di queste proteine, localizzate invece in gran parte all'interno della cellula. Nello studio pubblicato su Science, l'anticorpo bispecifico contro P53 si è dimostrato utile nei topi nel frenare la crescita tumorale. In quello su Science Immunology i ricercatori colpendo RAS, sia in vivo che in vitro, hanno ottenuto una modesta riduzione della crescita tumorale. Infine, nella pubblicazione su Science Translational Medicine, in un modello di leucemia a grandi cellule T, l'azione contro RAS si è tradotta in una riduzione della crescita tumorali. Risultati che messi insieme fanno ben sperare per il futuro. Poter attaccare il tumore su più fronti, utilizzando più strategie, sarà la chiave per cronicizzare la malattia.
Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.