Un impianto cocleare e una terapia musicale con musica classica di almeno due mesi è in sperimentazione a Milano. Confortanti i risultati preliminari, fra un anno la validazione scientifica della metodica
Musica di Mozart, inserita in un programma di allenamento all’ascolto, previo impianto di un orecchio bionico: è la metodica seguita a Milano per aiutare a risvegliare la memoria acustica cerebrale in pazienti affetti da sordità totale o parziale e favorire il recupero dei suoni dimenticati. La tecnica, che è stata anche presentata ad un Congresso specialistico, sarà testata per un anno per la definitiva validazione scientifica.
LA METODICA
E’ attuata in una struttura milanese e sperimentata in adulti che hanno perso la capacità uditiva a seguito di traumi, lesioni, malattie correlate all’invecchiamento delle cellule. «La metodica – spiega Carmelo Monaco, audioprotesista e ideatore di questa particolare ‘musicoterapia’ – prevede un lavoro di coinvolgimento simultaneo dei sensi che dettagliano il suono nel cervello: la vista, con l’invito alla lettura e alla memorizzazione di una serie di parole o frasi; l’udito attraverso l’ascolto per brevi periodi della musica di Mozart, privilegiata per la sua modularità (i toni hanno frequenze né troppo alte né troppo basse), che favorisce la concentrazione mentale senza generare attimi di disagio per il cervello come potrebbe avvenire con l’ascolto della musica di Beethoven ricca di forti e di piani, e la voce attraverso un canto gregoriano che consente il rilassamento del cervello dopo un esercizio impegnativo».
A trarre beneficio da questa particolare musicoterapia sono le sordità molto elevate con perdite tra i 2500 e i 20 mila hertz che possono riguardare sia frequenze acute sia suoni a basso contenuto energetico, come la lettera ‘f’, la ‘s’ o la ‘c’ spesso confuse con altre consonanti. Tempo medio di recupero? Da un minimo di 2 mesi fino a un massimo di 6 con sedute settimanali da un’ora ciascuna. «Due mesi possono già essere sufficienti per il recupero di circa l’80% dell’udito – continua il tecnico – e il reintegro nella vita sociale». Ma la terapia, per essere efficace, richiede anche i compiti a casa: «Agli incontri – aggiunge Monaco – i pazienti devono arrivare preparati, avendo appreso le liste di parole e ascoltato i brani assegnati sui quali saranno testati di volta in volta».
L’IMPIANTO COCLEARE
La terapia, però, non potrebbe funzionare se non fosse preceduta dall’impianto cocleare, noto come orecchio bionico. «Consiste in un intervento chirurgico – spiega Francesco Ottaviani, professore ordinario e direttore della Divisione di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale San Giuseppe di Milano – che prevede il posizionamento di un sottile ricevitore a disco che si fissa all'osso temporale dietro il padiglione auricolare, al di sotto del cuoio capelluto, e di una sottilissima guida flessibile per allocare micro-elettrodi all’interno della coclea (parte dell’orecchio)».
Dopo un mese, a guarigione della ferita avvenuta, il processore dell'impianto viene applicato mediante un magnete sopra la zona del ricevitore ed iniziano la progressiva attivazione dei canali di stimolazione (mappaggio) e la riabilitazione. «Quest'ultima – continua Ottaviani - è necessaria per apprendere la nuova modalità uditiva, utile per la comprensione della parola». Dura diversi mesi se l'impianto è utilizzato in bambini prima dei due anni di vita o in persone che non hanno ancora acquisito il linguaggio, ma è molto più breve per chi già possiede la conoscenza verbale.
L’impianto cocleare rappresenta un'opzione riabilitativa sicura ed ottimale per pazienti profondamente sordi, sia bambini che adulti, le cui raffinate tecniche e strumentazioni hanno portato oggi fino alla possibilità di riconoscere ed utilizzare normalmente la voce e di apprezzare la musica. Un traguardo solo fino a foco tempo fa insperato.