I primi studi evidenziano risposte confortanti. Ma per la rigenerazione si guarda pure a un farmaco testato contro l’Alzheimer. In Italia 1.200 i traumi ogni anno
La causa è da ricercare soprattutto negli incidenti stradali, responsabile di sei casi su dieci. Ma sulle lesioni del midollo spinale influiscono anche gli infortuni sul lavoro e quelli sportivi, se la maggioranza degli incidenti si registra nel fine settimana e durante l’estate. Così a oltre mille italiani ogni anno la vita risulta sconvolta. Diverse le ripercussioni che possono riguardare gli arti, le funzioni respiratorie e la normale attività degli organi addominali: a seconda della porzione di midollo colpita.
QUANTI CASI?
Delle lesioni del midollo spinale si parla poco. Ma le ricadute consiglierebbero di fare luce su questo tema. Oltre a quelle, drammatiche, per i pazienti, infatti, significative sono anche le voci di spesa per lo Stato: chiamato ad assicurare gli interventi e a sostenere le spese di assistenza che spesso si rendono necessarie per tutta la vita. In Italia si parla di circa 1.200 casi di trauma midollare all’anno, con una riduzione dei traumi cervicali e un aumento di quelli del torace e dell’addome. I più esposti sono gli anziani, in ragione della maggiore attività fisica che svolgono anche nel corso della terza età. Ma le conseguenze più gravi riguardano i più giovani, come dimostra uno studio apparso sul Canadian Journal of the American Association.
COME SI INTERVIENE
Oggi non esiste ancora una cura definitiva e completa per le paralisi causate dai danni al midollo spinale. Come prima scelta, comunque, si ricorre alla chirurgia, che spesso nel tempo garantisce un recupero graduale della funzionalità delle parti coinvolte. Come spiega Franco Guida, primario del reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Mestre, «alle tecniche usuali si sono affiancate quelle mini-invasive percutanee che consentono la riduzione delle perdite ematiche, il rispetto del tessuto muscolare e la precoce mobilizzazione». Nulla però che permetta al paziente di tornare alle condizioni precedenti all’incidente, visto che i neuroni non si rigenerano. I risultati, nel tempo, sono migliorati grazie a una migliore gestione del trauma sulla scena dell’incidente, ai percorsi di assistenza e immobilizzazione e al precoce avvio di programmi di riabilitazione nervosa. Ma l’obiettivo è trovare nuovi approcci risolutivi.
LA RISPOSTA ALL’ELETTROSTIMOLAZIONE
Discrete speranze sono riposte sull’elettrostimolazione epidurale, che potrebbe alleviare la condizione delle persone affette da paralisi da lesione spinale. L’approccio consiste nell’impianto di elettrodi in prossimità delle radici dei nervi dorsali - che portano il segnale “sensoriale” in entrata dalla periferia del corpo al sistema nervoso centrale - del midollo spinale al di sotto della lesione e nell’applicazione di stimoli elettrici di varia intensità e frequenza. La tecnica ha già mostrato risultati promettenti.
Come dimostra uno studio appena pubblicato su Spinal Cord, la modulazione del segnale e del punto di applicazione degli elettrodi potrebbe fare la differenza. «Gli approcci attuali consistono nell’applicare un segnale ad alta frequenza in maniera generalizzata - dichiara Giuliano Taccola, ricercatore nel laboratorio di neurofarmacologia e neurofisiologia applicata dell’Istituto di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’ospedale di Udine -. Ma non si può escludere che sia più utile applicare una stimolazione specifica in diversi punti del circuito. Ricorrendo alle basse frequenze, abbiamo ottenuto risposte locomotorie molto efficienti».
UN FARMACO PER LA RIGENERAZIONE NERVOSA?
Se l’obiettivo finale è quello di giungere alla rigenerazione del tessuto nervoso danneggiato, non si può non tenere conto dei risultati forniti - in fase ancora sperimentale - dall’epotilone, un farmaco sperimentato anche contro l’Alzheimer e già autorizzato negli Stati Uniti per l’uso contro alcuni tumori. Secondo uno studio pubblicato su Science, l’epotilone ridurrebbe la formazione di tessuto cicatriziale lungo le fibre nervose, stimolandone anche la crescita. Gli animali in cui è stato testato hanno ripreso a camminare con più equilibrio rispetto agli altri non trattati.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).