Fa discutere l'iniziativa della Regione Lombardia di presentare il conto ai propri assistiti. Non una fattura da pagare ma una comunicazione per responsabilizzare i cittadini sul costo della sanità. Con quali risultati?
Gentile signore, la sua polmonite è costata alla Regione 3.300 euro. Grazie. Come si sa, ora la regione Lombardia ha stabilito di “presentare il conto” ai propri assistiti, non per farselo pagare, ma a puro titolo informativo. L’obbiettivo dichiarato è quello di responsabilizzare i cittadini sui costi della sanità. Ma è davvero così?
Quel signore che si è visto recapitare il conto, un cittadino milanese, un “settantino” come direbbe Montalbano, si era semplicemente sentito male, aveva la febbre e il fiato “corto”, e per questo si era rivolto al proprio medico di famiglia. Questi l’aveva auscultato, aveva sospettato una polmonite e gli aveva consigliato di andare in ospedale a farsi una radiografia. Lui, il nostro paziente, non aveva nemmeno tanta voglia di farsi ricoverare: “Ma non mi può dare degli antibiotici?”. Giustamente il medico aveva insistito. E così era andato al pronto soccorso dell’ospedale pubblico: radiografia e diagnosi confermata. Dopo qualche giorno di ricovero e di buone cure le dimissioni . E il “conto”.
Ora mi chiedo: in che cosa il nostro cittadino è stato “responsabilizzato”? Si spera che la prossima volta che si sente male non vada dal medico e rifiuti di farsi ricoverare? E quel suo amico, appena più giovane, che ha appena messo un bypass e ha scoperto di essere costato 22.380 euro alla comunità, che cosa farà? Preferirà morire di infarto? Sono convinto che non sia questo l’obbiettivo della regione Lombardia. Forse, ha aggiunto qualcuno, i cittadini sprecheranno meno farmaci ed esami, rendendosi conto dei costi della sanità. Ma che cosa c’entrano i farmaci e gli esami? Quelli li prescrive il medico di famiglia, è responsabilità sua, e se il nostro cittadino è un ipocondriaco mangiatori di farmaci e consumatore di Tac, se li pagherà di tasca praopria, non con i soldi della Regione.
Si tratta allora di un puro e semplice arricchimento informativo e culturale? Certo, di questi tempi stiamo facendo tutti un corso accelerato di economia, abbiamo imparato che cos’è lo spread e siamo stati introdotti nel magico mondo della finanza. Un’infarinatura di economia sanitaria non guasta. Ma il nostro cittadino è stato nel frattempo informato anche delle carrettate di milioni di euro che la Regione ha assegnato all’ospedale San Raffaele e dell’uso, non tutto virtuoso, che ne è stato fatto. C’è anche il rischio che pensi: “ma come, io costo così poco?”.
O forse, anche questa è un’ipotesi, si tratta soltanto di un’iniziativa maalox, che ha l’obbiettivo di far “digerire” meglio al cittadino lombardo non solo l’aumento dei ticket dell’estate scorsa, ma anche quelli appena introdotti per prestazioni (cataratta, tunnel carpale, riabilitazione) che prima erano gratuite. Che cosa vuoi che siano 66 euro a fronte delle spese reali?
Quale che sia il senso, a me sembra comunque che l’idea di informare i pazienti dei costi delle cure costituisca in qualche modo un tradimento del patto stipulato tra stato e cittadini sulla sanità. Tale patto, fino ad oggi ampiamente condiviso, prevede non che lo stato o la Regione forniscano tutto gratis, ma che garantiscano almeno, a fronte delle tasse pagate, quei Livelli Essenziali di Assistenza concordati, indipendentemente dai costi. E magari qualcosa in più di ciò che è fissato a livello nazionale. I Lea possono anche cambiare, evolversi, essere oggetto di nuove trattative: ma non spetta al cittadino la responsabilità della spesa. A pensare a costi e bilanci ci sono fior di professionisti, manager che in Lombardia tra l’altro si sono dimostrati capaci, visto che riescono, nonostante il San Raffaele e qualche altro incidente di percorso, a presentare bilanci in pareggio.