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L'esperto risponde
Redazione
pubblicato il 23-07-2015

Quando è giusto parlare di cistite?



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Come posso accorgermi che un disturbo urinario sta evolvendo in una "vera" cistite? Ludovica L. (Terni) 

Quando è giusto parlare di cistite?

Risponde Monica Sommariva, dirigente medico della divisione di urologia dell’ospedale Fornaroli di Magenta, Azienda Ospedaliera di Legnano 

 

Una delle prime indicazioni del passaggio da un bisogno di semplice urgenza minzionale allo sviluppo di cistite, anche nella sua forma cronica, è il fattore temporale.

Ovvero il desiderio di urinare sempre più ripetitivo, spesso accompagnato da bruciore e urgenza, con intervalli  più ravvicinati durante il giorno e la necessità di alzarsi  più volte nel corso  della notte a causa di una sensazione incessante di pesantezza sovrapubica.

Si tratta di condizioni e sensazioni che aumentano con il passare degli anni: infatti anche la vescica invecchia, e a poco a poco tenderà a svuotarsi sempre di meno, anche in funzione di un naturale abbassamento dell’organo, e ad appoggiarsi su un piano perineale anch’esso meno elastico e più cedevole.

Fattori, questi, che non solo non agevolano il completo svuotamento della vescica, ma anzi favoriscono un ristagno di urina la quale può andare incontro a infezioni di origine batterica intestinale, generalmente da escherichia Coli, o talvolta da Proteus e Klebsiella, questi ultimi più aggressivi.

I batteri intestinali non sono sempre nocivi, anzi: quando si trovano in una condizione di equilibrio (eubiosi) svolgono una azione benefica, producendo vitamine e sostanze essenziali per il benessere e la sopravvivenza dell’organismo e mantengono efficiente il sistema immunitario intestinale.

Diventano cattivi quando per fattori esterni - per lo più dipendenti da una cattiva funzionalità intestinale (stipsi, diarrea, colon irritabile), da una dieta scorretta o da un uso indiscriminato di antibiotici – entrano in una condizione di disbiosi, ossia un disequilibrio batterico con proliferazione di agenti patogeni.

Se questi batteri nocivi proliferano, essendo dotati di fimbrie (pedicelli), possono fuoriuscire dall’ano, contaminare il perineo, entrare in vagina e quindi in vescica risalendo la breve uretra femminile, dando origine alla cistite.

Oltre l’età, le abitudini dietetiche sbagliate e una cattiva funzione intestinale, esistono altri fattori di rischio che favoriscono la cistite: fra questi indumenti intimi o jeans, troppo stretti e sintetici che impediscono una buona traspirazione a livello del piano perineale; la scarsa idratazione, infatti bevendo e urinando adeguatamente si induce un lavaggio meccanico delle vie urinarie, ma soprattutto una cattiva igiene.

L’incapacità di lavarsi correttamente dopo l’evacuazione - ovvero dal davanti verso il dietro, non all’opposto per evitare una contaminazione fecale e mai in acqua stagnante - ma anche il ricorso a detergenti troppo aggressivi, irritanti e schiumogeni, anziché a prodotti idratanti e lenitivi, preferibilmente a base di acido ialuronico, possono stimolare l’insorgenza della cistite.

Una particolare attenzione va posta alla terapia. Nel trattamento della cistite non è indicato l’uso di antibiotici - salvo in presenza di febbre oltre il 38°C - bensì di antimicrobici.

Fra questi, resta ancora di comune utilizzo la nitrofurantoina che, oltre ad avere una escrezione totalmente urinaria e un’azione battericida con pochi effetti collaterali, può essere somministrata a scopo profilattico per lungo tempo.

Una recente alternativa è il D-mannosio, uno zucchero assumibile anche per 6-8 mesi continuativi, capace di formare su tutta la via escretrice un film scivoloso che impedisce l’adesività dei batteri alle pareti delle mucose favorendone l’espulsione meccanica con le urine.

Queste terapie sono efficaci sia in fase acuta, con dosaggi più elevati, sia come profilassi combinando un basso dosaggio di disinfettante (nitrofurantoina) a un dosaggio medio, intorno ai 2 gr di D-mannosio, protratto nel tempo (anche per 6 mesi) al fine di impedire una reinfezione.

Da evitare sono poi gli eccessi in sostanze acide come la vitamina C o il cranberry che irritano la delicata mucosa vescicale favorendo la perdita dello strato protettivo dei glicosaminoglicani con conseguente facile penetrazione di batteri in profondità in assenza di una barriera.

Tuttavia per risolvere in maniera definitiva la cistite, occorrerà dapprima regolarizzare la funzionalità intestinale, seguire una dieta corretta che privilegi cibi semplici e fibre, svolgere attività fisica, trattare situazioni concomitanti quali prolassi genitourinari oppure disturbi della minzione dipendenti da altre patologie.

Rimane fondamentale inquadrare l’efficienza vescicale con esami funzionali, in particolare l’uroflussometria che consente di valutare la presenza di residuo post-minzione, completata eventualmente da un esame urodinamico.

Utili sono le visite specialistiche coloproctologiche in caso di prolasso rettale e ginecologiche per escludere invece un prolasso uterino. Una corretta diagnosi consentirà allo specialista di impostare un efficace trattamento per la prevenzione o la profilassi della cistite.


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