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Laura Costantin
pubblicato il 27-08-2019

Aterosclerosi: individuare le cause per sviluppare cure efficaci



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Estella Zuccolo vuole definire il ruolo dei fattori molecolari coinvolti nel processo di calcificazione vascolare per sviluppare nuovi trattamenti terapeutici

Aterosclerosi: individuare le cause per sviluppare cure efficaci

Nel corso degli anni, le arterie del nostro corpo si inspessiscono e perdono elasticità a causa della formazione di placche costituite da depositi di grassi, tra cui il colesterolo. Questo processo, chiamato aterosclerosi, determina una progressiva riduzione dell’ampiezza delle arterie e un minor flusso di sangue verso i tessuti. Le conseguenze, quando l'aterosclerosi coinvolge le arterie del cuore, possono comprendere infarti, ictus e diverse altre malattie cardiovascolari (angina pectoris, morte cardiaca improvvisa). Con il tempo, inoltre, le placche diventano sempre più grandi e finiscono per accumulare anche materiale fibrotico, cellule infiammatorie e calcio

I meccanismi molecolari che regolano questo processo, tuttavia, sono ancora poco chiari e oggi non sono disponibili trattamenti specifici per questa patologia. Identificare le molecole coinvolte e definirne i meccanismi di azione è l’obiettivo di Estella Zuccolo, che lavora al Centro Cardiologico Monzino di Milano grazie a una borsa di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi.

 

Estella, in cosa consiste la tua ricerca nello specifico?

«Il deposito di sali di calcio-fosfato sulle pareti delle arterie è legato al processo di invecchiamento delle cellule muscolari lisce dei vasi sanguigni. Queste cellule, nel tempo, si modificano e diventano simili a quelle che formano le ossa».

 

Quali sono i meccanismi regolatori responsabili di questi cambiamenti?

«Studi precedenti del nostro laboratorio hanno dimostrato che un microRna, chiamato miR-34, svolge un ruolo cruciale nel regolare la senescenza delle cellule. Risultati preliminari indicano che il miR-34 promuove la produzione di molecole infiammatorie che favoriscono l'accumulo di calcio. Così si innesca il processo di invecchiamento cellulare».

 

Su quali molecole agisce miR-34?

«Non lo sappiamo ancora e lo scopo del mio studio è proprio identificare tutti i fattori molecolari regolati da miR-34 e definirne il ruolo nel processo di invecchiamento cellulare. Questo è il mio obiettivo finale, che consentirebbe inoltre di definire lo stato di salute cardiovascolare di una persona in base al grado di senescenza e calcificazione».

 

Esistono altre ricadute possibili, in termini di salute umana?

«Il progetto consentirà di chiarire i meccanismi molecolari e cellulari attraverso cui il miR-34 influenza la calcificazione vascolare. Questo potrebbe portare alla scoperta di nuovi target terapeutici per sviluppare cure efficaci contro questa seria complicazione associata all’invecchiamento».

 

Estella, raccontaci qualcosa di te. C’è qualche episodio divertente che ti è capitato sul lavoro?

«Ad agosto di qualche anno fa mi hanno chiamata nel pieno della notte perché un freezer del laboratorio aveva smesso di funzionare. È stata una notte frenetica seguita da una giornata di lavoro intensa. Soltanto quando è arrivato il momento di andare a casa, mi sono resa conto che per la fretta e il sonno ero uscita con un sandalo grigio e uno blu».

 

Sei stata cinque mesi in Belgio durante il dottorato. Cosa puoi dirci di questa esperienza?

«È stato un periodo breve, ma stupendo. Approcciare nuove realtà apre la mente, permette di ragionare da nuovi punti di vista e credo che questo sia fondamentale per un ricercatore».

 

Ricordi il momento in cui hai capito di voler fare la ricercatrice?

«La mia passione per la biologia è nata alle elementari, quando una maestra ci portava in classe gli organi di animali per farci vedere come erano fatti. La scelta di fare ricerca è maturata pian piano, dopo qualche insuccesso e delusione, grazie all’aiuto di una persona con un gran cuore».

 

Le tue parole lasciano intravedere un una forte passione. C’è stata una figura che ti ha guidato nel tuo percorso di crescita?

«Ho avuto la fortuna di incontrare un capo straordinario, che è stato capace di restituirmi la fiducia nei momenti difficili e mi ha insegnato a ragionare con mente aperta e senza pregiudizi. Grazie a lui, la passione per la ricerca e per il confronto sono cresciuti giorno dopo giorno. Ancora oggi, nella vita di tutti i giorni in laboratorio, mi ispiro a lui».

 

Qual è stato il momento più bello e quello più brutto della tua vita professionale?

«Il più bello è stato senza dubbio quando ho ottenuto la prima borsa di studio nel laboratorio di cardiologia molecolare del professor Schwartz, il lavoro che avevo sempre sognato. Il più brutto, quando il team in cui lavoravo si è sciolto per motivi burocratici».


Cos’è per te la ricerca?

«La ricerca è come l’evoluzione, un processo lento, che punta al miglioramento ma non dà soluzioni immediate. Solo le future generazioni, guardando indietro, vedranno la strada percorsa e i progressi ottenuti».


E se dovessi associare un’immagine alle parole scienza e ricerca?

«Penserei a un bambino che disegna quello che vorrà fare da grande, perché la scienza e la ricerca possono realizzare tanti sogni».


Quali sono i tuoi hobby e le tue passioni al di fuori dell’ambito scientifico?

«Il mio tempo libero lo metto al servizio degli altri. Sono catechista, capo educatore scout e aiuto nella preparazione e distribuzione dei pasti alla mensa dei poveri. Amo passare il tempo con le persone, ascoltarle e scoprirle. A volte però ho bisogno di staccare e mi rifugio in montagna, a fare lunghe passeggiate in mezzo alla natura circondata dai suoi colori e dai suoi suoni».

 

Qual è la cosa che più ti fa arrabbiare?

«Quando le persone si disinteressano degli altri e perseguono solo il loro interesse».  

 

E cosa invece ti fa paura?

«Il pensiero che un domani potrei essere io il migrante, il rifugiato, l’uomo discriminato per il colore della pelle, trattato solo come un numero e non come un essere umano».

 

C’è un ricordo d’infanzia che ti è particolarmente caro?

«Il rumore delle onde, mi ha sempre calmata e ancora adesso funziona».

 

E una cosa che invece vorresti assolutamente fare?

«Diventare mamma».



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