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Daniele Banfi
pubblicato il 19-10-2020

Quando i Big-Data migliorano la vita del cittadino



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Avere solo i dati non basta. Occorre che si parlino. Quando ciò avviene, il servizio al cittadino è migliore e la pubblica amministrazione più efficiente

Quando i Big-Data migliorano la vita del cittadino

A differenza di quanto si possa pensare uno dei luoghi più ricchi di dati sulla vita delle persone è l'archivio comunale. Una mole di informazioni, i Big-Data, che senza un'adeguata tecnologia rischia però di rimanere "silente" a vita. Ecco perché oggi la vera sfida di questo immenso patrimonio di informazioni è la loro integrazione per fornire al cittadino un servizio rapido ed efficiente. A fare il punto sull'avanzamento dell'utilizzo dei Big-Data nella pubblica amministrazione nel corso di «Science for Peace and Health» sarà Roberta Cocco, Assessora alla Trasformazione Digitale e Servizi Civici del Comune di Milano.

SCATOLE CHIUSE CHE NON SI PARLANO

Dal giorno in cui nasciamo ogni nostro dato viene depositato all'interno degli archivi della Pubblica Amministrazione. Codice Fiscale, residenza e cambi nel tempo, stato di famiglia, storia clinica, possedimento di beni, auto acquistate e tributi versati sono solo alcune delle informazioni in essi contenuti. Informazioni importanti che per essere però utili devono necessariamente parlarsi tra di loro. "Possedere dei dati -spiega Roberta Cocco- non significa automaticamente poterne trarre un vantaggio dalla loro conoscenza. La vera sfida di oggi è l'interoperabilità delle informazioni, ovvero mettere a fattore comune informazioni molto differenti tra loro per fare in modo che si parlino". Ciò è particolarmente evidente nella Pubblica Amministrazione dove esistono diversi database che non possono parlarsi. Scatole chiuse contenenti una singola informazione per ogni cittadino.

L'INTEROPERABILITA' DEI DATI

"Per migliorare la vita del cittadino, costretto a rincorrere queste informazioni tra mille sportelli e richieste di certificati, occorre innanzitutto "normalizzare" i dati. Si tratta di un lavoro immenso ma che costituisce la base di tutto. Quando i dati possono parlarsi tra loro con un unico sistema, il gioco è fatto" spiega la Cocco. Uno degli esempi più immediati dell'interoperabilità dei dati è il "fascicolo digitale del cittadino". Sviluppato dal Comune di Milano proprio grazie al lavoro dell'assessora, oggi un residente può interfacciarsi con il Comune per richiedere documenti e certifcati e pagare i tributi senza dover più recarsi agli sportelli. 

IL VERO SIGNIFICATO DI DIGITALIZZARE

Attenzione però a pensare che questo approccio significhi rendere in formato digitale e fruibile da remoto ciò che è sempre stato cartaceo e presso gli sportelli. L'interoperabilità dei dati è tutt'altro. "Il certificato che andiamo a richiedere tramite fascicolo digitale -spiega la Cocco- non è un qualcosa di già pronto e depositato virtualmente in una banca dati. Il documento viene creato al momento della richiesta perché attraverso la tecnologia messa a punto il sistema può andare nei diversi database, reperire le informazioni che ci servono in tempo reale per poi tradurle nell'emissione di un documento. Questa è l'interoperabilità dei dati". Un vantaggio non indifferente per il cittadino e per il Comune stesso che può sempre avere sotto controllo la situazione.

MONITORARE E' LA BASE PER MIGLIORARE I SERVIZI

Ma questo nuovo modo di operare -l'interoperabilità dei dati- è utile anche per migliorare l'organizzazione interna della pubblica amministrazione. Oggi, in fase sperimentale, il Comune di Milano sta infatti monitorando in tempo reale i servizi offerti e le tempistiche di realizzazione. Quante persone si recano allo sportello per una determinata richiesta? Quante lo fanno online? "A queste domande è possibile rispondere in tempo reale e potendo conoscere il dato possiamo ottimizzare le risorse interne in base alle esigenze emerse dal monitoraggio. Un vantaggio per il Comune che si traduce in un miglior servizio al cittadino" conclude la Cocco. 


Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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