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Daniele Banfi
pubblicato il 05-08-2022

Aggiornati e spray: il futuro dei vaccini contro Covid-19



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Vaccini aggiornati e capaci di indurre immunità nelle mucose per bloccare la trasmissione del virus. Ecco a cosa la ricerca sta lavorando

Aggiornati e spray: il futuro dei vaccini contro Covid-19

Oggi, a distanza di oltre due anni e mezzo dallo scoppio della pandemia, i vaccini sviluppati contro Covid-19 riescono ancora ad essere estremamente efficaci nel proteggere dalla malattia grave. Un risultato straordinario se si considera che il virus oggi in circolazione, almeno nella parte della proteina Spike, è molto differente rispetto a quello su cui sono stati progettati i vaccini oggi in commercio. Complice queste "modifiche", la ricerca è da tempo all'opera nel tentativo di "aggiornare" i vaccini adattandoli alle nuove varianti. Non solo, l'altro grande obbiettivo è quello di ottenere dei vaccini in grado di stimolare l'immunità nelle mucose ed evitare così la trasmissione del virus.

COME FUNZIONA LA RISPOSTA IMMUNITARIA?

Quando il nostro corpo viene in contatto con un agente esterno dannoso come Sars-Cov-2 produce una reazione immunitaria composta da due fasi: quella aspecifica -presente già alla nascita e non dipendente da incontri pregressi- e quella specifica, diretta in maniera precisa contro quel determinato agente esterno. Quest'ultima è essenzialmente mediata da due tipi di cellule: i linfociti B e i linfociti T. In entrambi i casi in seguito ad un'infezione o alla vaccinazione si creano specifiche cellule della memoria in grado di attivarsi in caso di incontro con il patogeno.

IL RUOLO DI ANTICORPI E CELLULE T

I linfociti B sono responsabili della produzione di anticorpi, ovvero quelle proteine in grado di riconoscere la proteina spike del coronavirus neutralizzandone l'ingresso nella cellula. La loro presenza è fondamentale soprattutto per evitare di sviluppare la malattia. Impedendo infatti l'ingresso nelle cellule, il virus viene eliminato prima che possa scatenare la malattia. Mentre gli anticorpi prodotti hanno il ruolo di neutralizzare il virus prima che entri nelle cellule, i linfociti T hanno invece il compito di riconoscere ed eliminare le cellule infettate dal virus. Per questa ragione, pur non prevenendo la malattia, queste componenti sono fondamentali per ridurre la severità di Covid-19. Ecco perché, pur potendosi reinfettare o "fare la malattia" nonostante la vaccinazione, gli esiti dell'infezione sono molto più contenuti rispetto all'affrontare il virus senza alcuna immunità pregressa.

IL PROBLEMA DELLE VARIANTI E DELL'IMMUNITÀ DELLE MUCOSE

Pur funzionando ancora egregiamente nell'evitare i casi gravi, uno dei principali problemi dei vaccini oggi in commercio è la loro minore capacità di generare una risposta immunitaria capace di neutralizzare la variante Omicron. Essendo il virus molto differente rispetto al ceppo originario di Wuhan, gli anticorpi indotti dalla vaccinazione risultano avere una capacità di neutralizzazione inferiore. Il secondo problema invece riguarda la capacità di evitare il contagio. A differenza dei dati provenienti dai primi mesi di vaccinazione, nel tempo è apparso chiaro che l'immunità indotta dalla vaccinazione diminuiva sensibilimente nella sua capacità di evitare il contagio. La cosiddetta immunità sterilizzante, ovvero la capacità del sistema immunitario di bloccare l'infezione sul nascere ed evitare la trasmissione ad un altro individuo, con gli attuali vaccini non raggiunge livelli soddisfacenti. Il motivo dipende essenzialmente dalle componenti del sistema immunitario che vengono stimolate. Con gli attuali vaccini a mRNA gli anticorpi che vengono maggiormente prodotti sono le IgG, responsabili del riconoscimento e dell'eliminazione del virus a livello sistemico. Ma per raggiungere l'immunità sterilizzante questi non bastano. Occorre stimolare in maniera specifica la produzione di anticorpi a livello della mucosa nasale, porta di ingresso del virus.  

IL VACCINO AGGIORNATO

Per ovviare alla presenza di un virus differente, sia Pfizer-BioNTech sia Moderna stanno lavorando alla costruzione di nuovi vaccini adattati alle varianti oggi presenti. Quest'ultima, ad esempio, a fine giugno ha presentato i dati della versione aggiornata del vaccino capace di stimolare la produzione di anticorpi contro Omicron BA.1 utili contrastare anche Omicron BA.4 e BA.5. Un prodotto che potrebbe essere disponibile in autunno ma che sulla carta è destinato a rincorrere sempre le nuove varianti che potrebbero emergere.

BLOCCARE LA TRASMISSIONE

Sul fronte immunità sterilizzante invece le speranze sono riposte nei vaccini spray da somministrare direttamente nel naso o bocca. Un recente studio pubblicato sulle pagine della rivista Science Immunology, l’ultimo di una lunga serie, ha dimostrato in un modello animale di risposta immunitaria che l’utilizzo del solo vaccino a mRNA non è in grado di stimolare adeguatamente una risposta a livello delle mucose contro Omicron. Gli stessi animali però, ricevuto un booster con un vaccino ad adenovirus in formulazione spray, hanno prodotto alti livelli di IgA nelle mucose e nel tratto respiratorio. Un risultato che dimostra ancora una volta la necessità di stimolare in maniera differente il sistema immunitario.

LE SPERIMENTAZIONI IN ATTO

Ad oggi l'approccio con la vaccinazione spray è già in fase di sperimentazione nell’uomo. Al momento sono 12 quelli testati, 4 dei quali nella fase III (l’ultima prima della commercializzazione in caso di risultato positivo). Di questi, tre sono a vettore virale (Bharat Biotech, Codagenix e Beijing Wantal Biological) e uno a subunità proteica (Razi Vaccine and Serum Research Institute). In particolare Codagenix, secondo quanto riportato dall’azienda, si è dimostrato efficace nell’indurre una forte risposta nelle mucose contro Omicron BA.2. Un risultato che è valso l’ingresso del vaccino in un più ampio studio coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Più indietro, ma con risultati analoghi, c’è poi il prodotto ChADOx1/AZD1222 di AstraZeneca. Ora in fase I, nei risultati in modello animali il prodotto ha stimolato una risposta più efficace di quella del vaccino somministrato per iniezione.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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