Ingannare il cervello ricreando un ambiente confortevole con un visore per realtà virtuale. Così si può ridurre il ricorso all'anestesia classica
Sedazione digitale, così la chiamano gli addetti ai lavori. Grazie all'utilizzo della realtà virtuale è possibile, in alcune particolari operazioni chirurgiche, ridurre o addirittura evitare il ricorso all'anestesia farmacologica. Un vantaggio sia per il paziente sia per la gestione ospedaliera. Ultimo studio in ordine di tempo che ha dimostrato l'utilità di questo approccio è lo studio pubblicato sulle pagine della rivista PLos ONE: nei pazienti sottoposti ad un'operazione chirurgica alla mano, quelli "immersi" in una realtà virtuale hanno necessitano di minori quantità di anestestico e cure post-anestesia.
IL RUOLO DELL'ANESTESIA
Se oggi le operazioni chirurgiche sono così diffuse lo si deve all'anestesia. Senza di essa infatti molte delle procedure che ogni giorno vengono effettuate negli ospedali di tutto il mondo non sarebbero possibili. Sperimentata con successo a partire dalla metà del 1800, compito dell'anestesia è quello innanzitutto di evitare ogni percezione dolorosa al paziente. Ma non solo: a seconda delle sostanze e del dosaggio, l'anestesia è utile nel sopprimere lo stato di coscienza, rilassare i muscoli rendendo possibile l'operazione, abolire il ricordo dell'operazione stessa e ridurre le complicazioni legate allo stress chirurgico.
DAL FARMACO ALL'ANESTESIA DIGITALE
Per ottenere tutti questi effetti negli anni sono state sperimentate numerose molecole in grado, se combinate, di indurre l'anestesia perfetta. Complice il progresso della ricerca è emerso chiaramente che molte degli effetti dell'anestesia hanno a che fare con il sistema nervoso centrale. Partendo da questo presupposto, gli ultimi anni sono stati caratterizzati dallo studio di nuovi metodi per "ingannare" il cervello e ottenere un effetto simile all'anestesia senza però l'utilizzo di veri e propri farmaci. E' questo il caso della sedazione digitale, l'utilizzo della realtà virtuale attraverso un visore come metodo di riduzione dell’ansia e del dolore. Attraverso di essa infatti è possibile immergersi in un ambiente tridimensionale simulato dal computer distraendo così il paziente.
QUANDO UTILIZZARLA?
Attenzione però a pensare che la realtà virtuale sia in contrapposizione con l'anestesia classica: la sedazione digitale può essere utilizzata come strumento di distrazione durante le procedure mediche che spesso vengono eseguite senza sedazione farmacologica, nonché nei momenti di disagio per i pazienti che non comportano necessariamente dolore fisico. Inoltre, viene utilizzata come strumento di sedazione anche prima dell’intervento chirurgico per calmare i pazienti, durante per mantenerli calmi e immobili e per gestirne i sintomi post-operatori. La realtà virtuale può essere utilizzata dunque per ottenere sia distrazione sia sedazione profonda è il suo utilizzo può essere combinato con diversi anestetici e analgesici durante le procedure mediche. Uno strumento in più dunque a disposizione dell'anestesista.
DUPLICE VANTAGGIO
Che l'utilizzo della realtà virtuale sia utile è ormai stato dimostrato da diversi studi che nel tempo hanno portato alla commercializzazione di diversi dispositivi utilizzati in sala operatoria. L'ultimo in ordine di tempo è l'analisi pubblicata sul PLoS ONE relativamente alla chirurgia della mano. Sperimentata su 40 pazienti (divisi in due gruppi, uno ha utilizzato la realtà virtuale, l'altro l'anestesia classica), l'utilizzo del visore per immergersi nella realtà virtuale ha portato ad un minor ricorso nell'utilizzo del propofol (anestetico usato per indurre uno stato di incoscienza) e ad una minore durata della PACU, la stanza di recupero post-operatorio localizzata generalmente accanto alla sala operatoria dove il paziente staziona prima di tornare nell'unità operativa di appartenenza. Un vantaggio sia per il paziente sia per la gestione ospedaliera.
Sostieni la ricerca scientifica d'eccellenza e il progresso delle scienze. Dona ora.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.