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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 07-10-2014

Il pacemaker senza batteria



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Sfrutta l'energia del cuore. Funziona come un orologio ricaricabile. I risultati presentati al congresso ESC di Barcellona

Il pacemaker senza batteria

Settanta al minuto, 4200 all'ora, oltre 36 milioni l'anno: sono i battiti del cuore. Non c'è muscolo in grado di lavorare instancabilmente quanto la pompa cardiaca. Perché non sfruttare allora l'energia da essa prodotta per ricaricare i pacemaker? A pensarci è stato il dottor Adrian Burzuchen del Dipartimento di Ingegneria presso l'Università di Berna (Svizzera). A lui il merito di aver creato il primo prototipo di pacemaker che si ricarica con l'energia del cuore. Il dispositivo è stato presentato nelle scorse settimane al congresso della European Society of Cardiology di Barcellona (Spagna), il più importante appuntamento mondiale dedicato alla cardiologia.

 

PACEMAKER ATTUALI

Una delle rivoluzioni che ha segnato un cambio radicale in cardiologia è stata l'invenzione del pacemaker. Il dispositivo, realizzato sul finire degli anni '60, ha la caratteristica di stimolare il cuore, in particolari condizioni, a contrarsi mediante l'invio di impulsi elettrici di bassa intensità. Una modalità che permette di trattare con successo alcune patologie che la cui caratteristica principale è un'alterazione del ritmo cardiaco. Un vero e proprio dispositivo salvavita capace di monitorare costantemente la frequenza del cuore e, in caso di anomalia, di produrre uno stimolo elettrico che riporti la situazione alla normalità. In quarant'anni i prototipi sviluppati si sono fatti sempre più sofisticati e leggeri. Un pacemaker è un concentrato di tecnologia del peso di soli 21 grammi. Pur essendoci stati passi da giganti il principale problema da risolvere è la durata della batteria, vero limite di questa tecnologia. Ad oggi i dispositivi più comuni durano in genere dai 5 ai 7 anni ma alcuni prototipi sembrerebbero arrivare a 15. Ecco perché, lo sviluppo di un pacemaker in grado di autoalimentarsi, potrebbe mettere fine al problema.

 

L'IDEA

Come spiega il dottor Burzuchen, ideatore del prototipo, «le batterie sono un fattore limitante per impianti medici di oggi. Una volta che raggiungono un livello di energia estremamente basso i medici si vedono costretti a sostituire il pacemaker, che funziona correttamente, attraverso  un intervento chirurgico». Per ovviare a questo inconveniente i ricercatori hanno creato una macchina capace di raccogliere l'energia proveniente dal cuore. Il principio di funzionamento ricorda quello degli orologi ricaricabili da polso. Il prototipo in questione raccoglie l'energia, la immagazzina e, all'occorrenza, la utilizza per generare l'impulso elettrico. Testato in suini il sistema ha consentito di stimolare con successo il cuore degli animali.

 

IL FUTURO

«Attraverso questo esperimento abbiamo dimostrato che è possibile stimolare il cuore utilizzando la sua stessa energia. Il prossimo passo nello sviluppo del nostro prototipo sarà quello di integrare il circuito elettrico per lo stoccaggio di energia e il pacemaker vero e proprio direttamente in un'unica soluzione eliminando la necessità dei cavi» conclude Burzuchen. Una priorità visto che i pacemaker più evoluti non possiedono fili elettrici che, in alcuni casi, possono essere soggetti a rotture o a causa di possibili infezioni.


@danielebanfi83

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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