I medici consigliano di non sottovalutare i segni della malattia, considerata un alto fattore di rischio per l’asma. Primo rimedio: allontanarsi dall’allergene
I medici consigliano di non sottovalutare i segni della malattia, considerata un alto fattore di rischio per l’asma. Primo rimedio: allontanarsi dall’allergene
Arriva la primavera e le conseguenze dei problemi respiratori aumentano. La rinite allergica, patologia infiammatoria della mucosa nasale, ha un impatto diretto sulla qualità della vita dei pazienti. Ma non soltanto: frequente, infatti, è l’associazione tra rinite allergica e asma bronchiale. «Parliamo di un fattore di rischio ormai certo», spiega Walter Canonica, presidente della società italiana di allergologia. « Diagnosticare e curare correttamente la rinite allergica significa tenere sotto controllo una patologia dall’impatto sociale ancora più alto. Allontanare l’allergene responsabile della risposta infiammatoria è il primo passo da compiere. Quando è necessario ricorrere ai farmaci, invece, gli spray nasali risultano più efficaci». La rinite allergica comporta sintomi intensi a carico degli occhi (congiuntivite acuta) e del naso. Peggiora, così, la qualità di vita. Compromessa può essere anche la capacità di compiere sport e altre attività all’aperto. Più colpite ne sono le donne: tra i 15 e i 30 anni. I numeri sono in crescita, soprattutto nelle società occidentali.
NO ALL’AUTODIAGNOSI - Una delle principali cause di mancato riconoscimento è la tendenza delle persone affette da rinite allergica a non considerarla una vera patologia. «Il paziente deve subito rivolgersi al medico generico - sostiene Angelo Camaioni, presidente della società italiana di otorinolaringoiatria -. Poi, in seconda battuta, allergologo, pneumologo e otorinolaringoiatra sono gli specialisti in grado di intervenire, riconoscendo anche altre malattie correlate alla rinite. Per esempio: otiti, poliposi nasale, disturbi del sonno e sindrome rinobronchiale».
PERCHE IN PRIMAVERA? - Esistono forme perenni di rinite allergica che sviluppano quando il sistema immunitario, che attraverso la mucosa è sempre a contatto con gli antigeni, reagisce in maniera eccessiva a sostanze diffuse negli ambienti chiusi, a casa o in ufficio: acari, muffe, epiteli di animali domestici. In questo periodo, però, l’incidenza della malattia aumenta. Molte persone, infatti, sono allergiche alle piante urticacee e composite che cominciano il processo riproduttivo in primavera. Negli ultimi anni, poi, diversi alberi hanno prolungato questo periodo fino all’autunno. Di conseguenza il picco che si registra in primavera può durare tranquillamente sei mesi. Più colpite sono le aree urbane. Il polline, infatti, può far parte del pm 10 e diffondere anche a grande distanza. Responsabile è anche l’aumento della temperatura sul pianeta: le piante in città fioriscono sempre in anticipo rispetto alle aree rurali e si è notato come molte di esse rilascino il polline un giorno prima per ogni anno che passa.
Fabio Di Todaro