Non migliora le funzioni organiche, ma la percezione dei sintomi. Lo afferma uno studio su pazienti asmatici
Esiste? Non esiste? E’ suggestione o magia? Sull’effetto placebo si è detto e pensato un po’ di tutto ma finora non si è riusciti a dare una misura e un’identità a uno dei fenomeni più inafferrabili della medicina. Ora uno studio americano sull’asma ne rileva l’efficacia, pressoché nulla sulle funzioni polmonari, ma rilevante per quanto riguarda la percezione soggettiva dei malati: ci si sente meglio quando ci si sente curati.
IL PLACEBO - Un trattamento privo di principi attivi, somministrato però con la palese intenzione di curare. Ecco in sintesi il placebo, il cui famoso effetto consiste proprio in una risposta positiva dell’organismo alle attese terapeutiche. Nella ricerca apparsa sul numero del 14 luglio del The New England Journal of Medicine (NEJM), gli esperti dell’Harvard Medical School del Brigham and Women's Hospital e del Beth Israel Deaconess Medical Center hanno cercato di dare una prova e una misura all’effetto placebo. Su pazienti asmatici sono stati confrontati gli esiti della somministrazione di farmaci (un broncodilatatore) e di due diversi trattamenti “placebo”.
I DATI – A conti fatti il farmaco è stato l’unico trattamento che ha fatto star meglio i pazienti con asma cronica (aumentando del 20% la capacità respiratoria, misurata in FEV1, il massimo volume espirato con forza in un secondo), mentre i pazienti trattati con i due placebo hanno migliorato la capacità respiratoria del 7% in più rispetto a quelli che non hanno ricevuto nessun trattamento. Non c’è stato alcun effetto oggettivo sulla funzione polmonare. Le cose invece si sono dimostrate diverse con i sintomi descritti dagli stessi pazienti, significativamente migliorati, tanto nel gruppo dell’effetto placebo quanto in quello del farmaco antiasma.
SENTIRE DI ESSERE ASSISTITI - Risultati analoghi erano stati raggiunti da altre ricerche, compresa una metanalisi su oltre 200 studi clinici che hanno rilevato un effetto placebo evidente su malesseri come dolore e nausea. «E’ evidente che per un paziente il rituale del trattamento può essere davvero decisivo, l’idea di ricevere assistenza è una componente critica di cui i pazienti tengono conto» hanno commentato gli autori. La scoperta dell’acqua calda, forse, che ogni buon medico dovrebbe già conoscere.
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.