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Chiara Segré
pubblicato il 06-02-2014

Cure “alternative”: ecco le trappole da evitare



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Sottoporsi a terapie non ufficiali può avere gravi conseguenze sulla salute fisica e psicologica: ecco le linee guida per tutelare i pazienti dettate dall’Agenzia Italiana del Farmaco

Cure “alternative”: ecco le trappole da evitare

Non ho nulla da perdere a provarlo. È, comprensibilmente, il primo pensiero di un paziente, affetto da una malattia incurabile o quando la terapia esistente non ha dato i risultati sperati, che si trova davanti alla prospettiva di tentare una terapia “alternativa” o non ancora accettata dalla medicina ufficiale. Se d’istinto si può pensare che non ci sia davvero nulla da perdere, se si ragiona un po’ più in profondità, si scopre che le conseguenze negative possono essere molteplici.

L’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha pubblicato un compendio di 20 pagine in cui descrive i rischi, fisici e psicologici, del provare terapie cosidette “alternative”, “miracolistiche” o comunque non verificate attraverso una metodologia scientifica e sperimentale rigorosa.

Si tratta della traduzione in italiano dell’omonima pubblicazione I’ve got nothing to lose by trying it, curata nel 2013 da Sense about Science, una charity inglese impegnata nel dibattito pubblico e nella corretta informazione scientifica. Nell’opuscolo (scaricabile gratuitamente sul sito dell’AIFA) sono riportate anche diverse testimonianze di pazienti affetti da malattie gravi, come la sclerosi multipla, che hanno tentato cure alternative e delle conseguenze vissute.

Ecco le trappole in cui è facile cadere:

 

INFORMAZIONI OVUNQUE: MA C’E’ DA FIDARSI?

L’era di internet ha rivoluzionato anche il modo con cui un paziente accede alle informazioni mediche: prima l’unico intermediario era il proprio medico, oggi chiunque può venire a conoscenza di ogni tipo di terapia, anche quelle non sperimentate ufficialmente, che proprio sulla rete trovano la giusta vetrina.

Molti siti pubblicizzano terapie “alternative”, ma è bene valutarle sempre con molta attenzione; se i siti sostengono che una terapia sia supportata da “numerosi studi scientifici”, che però non vengono citati, è bene mantenersi in allerta. Spesso i trattamenti alternativi si vantano di rifarsi a una presunta e indefinita saggezza popolare, sono pubblicizzati con titoli molto enfatici e “sensazionalistici”, e si basano su presunte testimonianze di pazienti guariti che però non sono mai realmente verificabili.

Quasi mai sono sostenuti da vere prove scientifiche o studi clinici controllati, il cui obiettivo è proprio quello di valutare l’efficacia e la sicurezza della terapia, nella tutela dei pazienti.

 

COSTI ECONOMICI

Se si analizza il fenomeno nei dettagli, si scopre che tentare una terapia non ufficiale può avere costi molto alti per il paziente. Prima di tutto in termini economici: non tutte le terapie “alternative” sono costose, ma molte possono raggiungere le diverse migliaia di euro. Per non parlare dei “viaggi della speranza” in cui si imbarcano alcuni pazienti per ricevere presunte terapie innovative, delle quali quasi mai si viene a conoscenza dei risultati.

 

RISCHI PER LA SALUTE

I pazienti possono andare incontro a ulteriori rischi per la loro salute, aggravando ulteriormente i sintomi della malattia. Le terapie “alternative” spesso impongono di interrompere l’assunzione di farmaci tradizionali, o interferiscono con essi in maniera non prevedibile. In molti casi inoltre non vengono rispettati nemmeno i minimi standard di sicurezza, col rischio di contrarre infezioni virali, come l’epatite o l’HIV. Gli studi clinici, attraverso cui passano tutte le terapie ufficiali e molto raramente quelle “alternative”, servono infatti anche a minimizzare i rischi e gli effetti collaterali.

 

COSTI EMOTIVI

Ultimi ma non da trascurare sono i costi emotivi: oltre al tempo, allo stress e alle energie profuse per sottoporsi a un trattamento non ufficiale, nella maggior parte dei casi i pazienti devono affrontare la delusione nello scoprire che è stata venduta una falsa speranza, e realizzare che il sedicente “medico” o “terapeuta” si è arricchito sulla propria pelle e sulla propria disperazione.

 

SE CI CREDO, FUNZIONA?

Inizialmente le terapie “alternative” sembrano funzionare. Questo è dovuto a un fenomeno ben noto, l’effetto placebo: quando si inizia una terapia con la speranza che funzioni, inizialmente si percepisce un beneficio; è una percezione sia psicologica -il nostro cervello “sente” di fare qualcosa di attivo per combattere la malattia- sia fisica: in molti casi vi è un piccolo, iniziale miglioramento.

Spesso le terapie alternative hanno testimonial di spicco, che danno un’immagine distorta dell’efficacia ma che influenzano la percezione da parte del paziente; si tratta quasi sempre di mere operazioni di marketing. L’effetto placebo è temporaneo e si esaurisce passati i primi tempi di “ottimismo” e fiducia,  soprattutto se, come è il caso della maggior parte dei metodi non verificati, si comincia rendersi conto che non apportano nessun  beneficio.

In alcuni casi, possono addirittura peggiorare i sintomi e il decorso della malattia, se la terapia “alternativa” interferisce con quella tradizionale o quest’ultima è stata addirittura sospesa.

 

COME DIFENDERSI DALLE FALSE SPERANZE?

La soluzione è cercare prove solide e scientifiche, e porsi sempre le seguenti domande:

  • I risultati sono frutto di una ricerca indipendente e sono stati verificati?
  • Lo studio è stato pubblicato su una rivista scientifica?
  • Cosa dicono gli esperti del settore?
  • Esistono altri studi a sostegno della terapia o della cura alternativa?
  • Sono stati effettuati studi clinici controllati?
  • Il trattamento è stato autorizzato e per quale terapia?

Se la risposta alla maggior parte delle domande è negativa, dovrebbe suonare un campanello di allarme. Armarsi di prove e sviluppare lo spirito critico sono le migliori armi per difendersi dai ciarlatani; certo, questo richiede tempo ed energie, ma è l’unico modo per evitare di restare delusi o, peggio, subire un danno.

È essenziale ad esempio che i pazienti “facciano rete” per sostenersi a vicenda e aggiornarsi sulle ricerche e sulle informazioni più recenti: in questo modo non si è più soli ed è più difficile cadere vittime di false promesse e speranze.

Chiara Segré
Chiara Segré

Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.


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