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Redazione
pubblicato il 12-09-2011

Così il soccorso è davvero pronto



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Parte in Lombardia il 112 il nuovo numero per le chiamate d’urgenza sia di soccorso medico sia di altre necessità. Ne parla il dottor Alberto Zoli, direttore dell’Azienda regionale dell’emergenza e urgenza (Areu) lombarda e ideatore della sperimentazione del Numero Unico di emergenza a Varese

Così il soccorso è davvero pronto
Parte in Lombardia il 112 il nuovo numero per le chiamate d’urgenza sia di soccorso medico sia di altre necessità. Ne parla il dottor Alberto Zoli, direttore dell’Azienda regionale dell’emergenza e urgenza (Areu) lombarda e ideatore della sperimentazione del Numero Unico di emergenza a Varese

E’ ufficiale: entro il 2013 la Lombardia sarà la prima regione italiana a mettere a disposizione dei cittadini il numero unico per le emergenze: il 112, com’è già in tutti i Paesi dell’Unione Europea. A questo numero, in funzione 24 ore al giorno e così facile da ricordare, arriveranno non solo le chiamate dirette al soccorso sanitario del notissimo 118, ma anche le chiamate alla polizia, ai carabinieri, ai vigili del fuoco. E di questa unificazione e razionalizzazione si fa carico proprio l’ Azienda Regionale dell’Emergenza e Urgenza (Areu), con gli espertissimi operatori delle sue centrali operative.

PROGETTO D’AVANGUARDIA-  Il direttore generale dell’Areu , Alberto Zoli, che ha messo nel progetto tutto l’entusiasmo suo e dello snellissimo staff direttivo (solo 25 persone) è molto soddisfatto: “Chi ci ha seguiti – dice – sa che da un anno abbiamo sperimentato questa soluzione a Varese e provincia e su una piccola parte della provincia di Milano, su un territorio di circa un milione di abitanti. Il test è andato benissimo. Si rispondeva sempre dopo non più di tre squilli, e in totale il call center di Varese dal 21 giugno 2010 al 21 giugno 2011 ha ricevuto 674.031 chiamate, a una media di 1.851 al giorno, e in una manciata di secondi le ha avviate a destinazione: 89.658 al Soccorso Sanitario, cioè il 118; altre 230.356 al classico 112 dei carabinieri, 83.778 alla polizia, 26.022 ai vigili del fuoco. Sono anche contento di aggiungere che un servizio così importante per i cittadini avrà un costo limitatissimo: 1 solo euro all’anno per ciascun abitante della Lombardia.”

DIRETTORE TOSTO-   Alberto Zoli, che è un romagnolo di quelli tosti, nel 2009 non ha esitato a far causa a una società privata di soccorso aereo che aveva “clonato” la sigla 118, e il tribunale di Milano gli ha dato ragione. Ordinando alla 118 Air Spa di cambiare nome, simbolo, sito internet e persino il numero di telefono, i giudici hanno scritto che con quella sigla la società privata “poneva in essere un’attività di sfruttamento della fiducia di cui gode il servizio pubblico identificato con il 118, della notorietà dello stesso e dell’affidamento che la collettività pone nel servizio.” Il direttore generale dell’Areu è orgoglioso di lavorare per la collettività, e non gli dispiace di tirare sera in ufficio. Il suo mantra è la parola “organizzazione”, e considera una sfida entusiasmante migliorare il soccorso d’urgenza in una regione che ha 10 milioni di abitanti, quanto una piccola nazione. Molti lo ricordano nel settembre del 2000, quando, direttore sanitario all’ospedale Niguarda di Milano, affrontò il compito di organizzare nei minimi particolari (da quelli medico-scientifici a quelli logistici) la nascita degli otto gemellini Pirrera, coordinando 100 specialisti tra medici, ostetrici, neonatologi, rianimatori, anestesisti, infermieri. Un evento che scatenò una bagarre mediatica e che gli fece prendere la decisione drastica di sbarrare la strada a cameramen e fotografi, quando i più fragili dei gemelli morirono:”Basta! Non si può mandare in scena il dolore! “, disse.

STORIA DEL 118- La storia delle prime centrali 118, nate ormai trent’anni fa, è una storia emozionante e pionieristica, che Zoli ammira e tiene cara. Ma è anche dell’opinione che si debba unificare sistemi operativi e protocolli d’intervento, nel tentativo – che incomincia a riuscire sempre di più - di cancellare quel “ritardo evitabile” che fa la differenza tra la vita e la morte , e tra una vita di buona qualità e una vita con disabilità più meno gravi. Lo strumento per riuscirci è stata appunto la nascita dell’Azienda regionale per l’Emergenza eUrgenza: “La costituzione di un organismo regionale certamente favorisce il raggiungimento di uno standard omogeneo su tutto il territorio, superando il livello delle singole province, e può costituire un riferimento autorevole a livello nazionale. Inoltre, il sistema informativo è unico per tutte le 12 centrali operative, e questo permette di velocizzare molto tutte le procedure”, afferma Zoli. Anche per i costi, perché l’unificazione del sistema permette economie di scala. “Il nostro sistema di soccorso, che ha un bilancio di 188 milioni di euro, viene a costare 18,8 euro all’anno per cittadino, il costo più basso in Italia. E offre mediamente servizi di elevato livello qualitativo” .Una delle regole d’oro del soccorso d’urgenza è quella d’inviare il paziente giusto, nel momento giusto, all’ospedale più adeguato alle sue necessità.

IL SOCCORSO ADEGUATO- Da qui uno dei progetti già in esecuzione, la cosiddetta “rete per patologie”. Spiega Zoli: “ Soprattutto per l’infarto e per l’ictus, è essenziale che l’ambulanza si diriga nell’ospedale dove esiste una struttura in grado di prestare le cure più avanzate entro un tempo molto breve. Abbiamo perciò individuato una rete cardiologica e una rete di stroke unit per l’ictus, aggiungendo una norma: il paziente colpito da ictus va sempre trasportato in codice rosso.” Un’altra chance che la Lombardia sta sfruttando al meglio è la possibilità di affidare anche a personale non medico (qualificato però in corsi seri e rigorosi) il compito del primo soccorso: “Con la legge del 2001 che ha autorizzato anche il personale non medico ad usare il defibrillatore semiautomatico, un arresto cardiaco può essere risolto subito, prima di caricare il paziente in ambulanza. I defibrillatori sono un salvavita. Dovrebbero essere disponibili in luoghi come i supermercati, i grandi magazzini, le farmacie. Alcuni stadi già li hanno.” Si tratta di diffondere la cultura del soccorso sul territorio, e di riceverne suggerimenti. Areu è molto radicata sul territorio. Sia come modello organizzativo (del suo collegio di Direzione fanno parte i dodici responsabili territoriali delle strutture di soccorso delle province) sia per i rapporti con gli enti e le associazioni di volontariato, “cioè con la società civile nel suo complesso”, fa notare Zoli. Cosa nuovissima, si rivolge anche ai cittadini più giovani: “Vogliamo sfruttare una legge che ce lo consente, e introdurre nelle scuole, come materia di studio, gli elementi del primo soccorso. I ragazzi, e perfino i bambini, sono grandi diffusori di cultura. In un corso che abbiamo tenuto ai ragazzini delle medie abbiamo fatto fare esercitazioni su manichini di plastica, e glieli abbiamo regalati perché continuino a casa, insegnando anche a mamme, papà e nonni.”  

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