Il segreto della prevenzione per la tiroide sta anche nell’uso di sale arricchito di iodio, specie in gravidanza, quando aumenta il fabbisogno di questa sostanza, e nel selenio prezioso per le patologie su base autoimmune
Occorrono poche regole semplici, ma da applicare con costanza, per mantenere il buon funzionamento della ghiandola tiroidea: salare le pietanze con il sale giusto, quello iodato, e garantire alla ghiandola un corretto apporto di selenio. Un comportamento che, come raccomandano gli esperti in occasione di un recente congresso milanese sul tema, aiuterà a prevenire gozzo, tiroidite di Hashimoto e ipotiroidismo.
SALE IODATO
Non tutti i sali (sodio) sono uguali o buoni per la salute. Come nel caso della tiroide che per garantirsi uno stato di benessere necessita di essere nutrita anche con un pizzico di sale, ma iodato, arricchito cioè con questa sostanza e facilmente trovabile in commercio. Una indicazione preziosa soprattutto in caso di gravidanza quando il consumo di iodio è maggiore. «Durante questo periodo infatti – spiega Paolo Beck-Peccoz, direttore del Dipartimento di Endocrinologia e Diabetologia dell’Università di Milano – gli estrogeni aumentano l’escrezione renale di iodio con richieste raddoppiate da parte dell’organismo a cui si aggiunge l’aumentato lavoro della tiroide materna che deve sopperire anche alle esigenze del feto che svilupperà la propria ghiandola solo dopo il quarto mese. Si tratta di un fabbisogno spesso sottovalutato, mentre una carenza di iodio durante la gestazione potrebbe portare all’insorgenza, nel feto, di complicazioni psico-neurologiche». Un problema che può essere evitato, impostando fin dall’inizio della gravidanza (o addirittura prima del concepimento se il figlio è programmato) una profilassi con l’integrazione di integratori contenenti iodio. Le campagne di promozione del sale iodato andrebbero però promosse nell’intera popolazione (dove il consumo di questo sale è salito al 50%, ma rimanendo lontano dalla soglia del 90% raccomandata dall’OMS) per prevenire i casi di gozzo che nel nostro Paese sono ancora 6 milioni.
SELENIO
Ma c’è anche un’altra sostanza da non dimenticare: il selenio, utile per combattere malattie croniche su base autoimmune come la tiroidite di Hashimoto. «Diversi studi clinici – continua Beck-Peccoz – dimostrano che il selenio può avere un’azione protettiva nei confronti della tiroide limitando la progressione del processo infiammatorio tipico dell’aggressione autoimmune e nella migliore delle ipotesi evitare una terapia farmacologica che, se cominciata, va continuata per tutta la vita». Laddove invece l’ipotiroidismo è già conclamato e nulla possono sodio e selenio, è possibile ricorrere a un ormone sintetico. «Si tratta della levotiroxina – conclude lo specialista – che aiuta ad integrare l’attività della tiroide pigra o ne sostituisce la funzione quando questa è stata rimossa. L’ormone va assunto solo dietro indicazione medica, con dosaggi personalizzati, ma sempre almeno 30 minuti prima di colazione e soprattutto prima del caffè che ne ridurrebbe l’assorbimento».