Che cosa rende un alimento più o meno sostenibile? L'impatto ambientale entra nei criteri di scelta del cibo che mangiamo
Le scelte alimentari che facciamo ogni giorno hanno un impatto sull’ambiente, ormai è noto e tanti sono gli articoli che ne parlano. Uno fra tutti è la metanalisi effettuata da Poore e Nemecek, ricercatori dell’Università di Oxford, che nel 2018 hanno stimato l’impatto ambientale di vari alimenti: dalla carne al pesce, dai latticini ai legumi, fino ad arrivare ai cereali più consumati. Ma che cos’è l’impronta ambientale degli alimenti? E come si può limitare nella nostra vita di tutti i giorni?
COME SI CALCOLA L’IMPATTO AMBIENTALE DI UN ALIMENTO?
Per conoscere l’impatto ambientale di un alimento, bisogna considerare numerose variabili:
- Le emissioni di gas serra, che costituiscono l’impronta di carbonio (carbon footprint) dell’alimento, e che variano a seconda della fase di produzione considerata. Per calcolarla è necessario conoscere la quantità di gas serra che le varie fasi di produzione emettono e moltiplicarle per la durata nel tempo di questa attività. Ogni fase di produzione ha un certo grado di emissioni e quindi si tratta di sommare le emissioni delle singole fasi per avere la carbon footprint complessiva;
- L’uso del suolo, cioè quanto suolo, inteso come quanta terra o quanto mare, deve essere occupato. L’esempio più semplice che si può fare riguarda la deforestazione, cioè sostituire aree forestali con pascoli o coltivazioni. Le conseguenze della deforestazione sono molte: la riduzione e distruzione degli habitat con conseguenze dirette sugli animali che spesso li porta ad avvicinarsi ai centri abitati o a migrare altrove, se ne hanno la possibilità; la perdita di biodiversità, oltre a creare un danno in termini di numerosità di specie, compromette anche i nostri sistemi, alimentari e non. Un aspetto importante è l’impatto sul benessere delle popolazioni locali che si ritrovano senza terra e senza casa e che spesso si aggiungono al gruppo di migranti climatici;
- Quanta acqua è richiesta per la sua produzione, definita come impronta idrica;
- L’eventuale eutrofizzazione causata da fertilizzanti impiegati per produrre l’alimento, nel caso si tratti di un vegetale, o per produrre le materie prime per i mangimi destinati agli allevamenti;
- L’acidificazione di mari e oceani che può apparire una conseguenza molto distante, in realtà è favorita dall’attività antropica. In particolare, l'anidride carbonica (CO2) emessa dalle attività dell’uomo, che sappiamo essere principale responsabile dell’aumento di questo gas climalterante in atmosfera, viene assorbita da mari e oceani. A contatto con l’acqua la CO2 reagisce e si trasforma in un acido, l’acido carbonico. All’aumentare della CO2 emessa, aumenta anche la produzione di questo acido che compromette la salute dell’ecosistema marino e oceanico.
L'IMPRONTA AMBIENTALE DEL CIBO
Ci sono quindi tante variabili che entrano in gioco. Oltre a queste, l’impatto del singolo alimento può variare anche a seconda del suo ciclo di produzione. Quindi predire un valore preciso per ogni alimento risulta davvero complesso. Ciò che è noto è che il consumo di carne ha sicuramente l’impatto maggiore, sia per quanto riguarda le emissioni di gas climalteranti sia per l’uso del suolo, in particolare la carne di manzo. Quindi quello che bisogna fare quando si decide di acquistare un prodotto, è iniziare a valutare anche gli effetti a cascata che le nostre scelte determinano.
COME RIDURRE L'IMPATTO AMBIENTALE DEI NOSTRI PASTI?
Quindi quali scelte alimentari fare? Il primo consiglio è di lavorare sul proprio stile di vita. I punti di partenza sono molti, quindi iniziare da quello che più si addice a noi rende il cambiamento sicuramente più fattibile. Alcuni spunti possono essere:
- iniziare a ridurre il consumo di carne a favore di alimenti di origine vegetale;
- limitare il consumo di alimenti ricchi di energia, che spesso saziano poco e favoriscono il continuo accesso al cibo;
- limitare lo spreco di cibo: fare la spesa acquistando solo ciò che serve e preparare porzioni adeguate di cibo, e in caso di avanzi garantirne una conservazione adeguata così da poterli riutilizzare in altre preparazioni;
- un altro consiglio è: informarsi e farlo su fonti sicure. Essere consci della problematica dell’emergenza climatica ci da la possibilità, come comunità, di mettere in atto azioni a tutela dell’ambiente e della nostra salute.
E QUANDO SI MANGIA FUORI CASA?
Anche fuori casa è possibile fare scelte attente all’ambiente. In particolare, si può decidere di:
- portare cibo preparato da casa, magari utilizzando contenitori e posate riutilizzabili;
- variare molto le scelte dei pasti consumati fuori casa, includendo più spesso alternative vegetali;
- limitare il consumo di alimenti molto processati e appartenenti alla categoria del junk food, per potersi alimentare correttamente raggiungendo un corretto e duraturo stato di sazietà.
SCELTE PIÙ SOSTENIBILI CON LA CARBON FOOTPRINT IN MENU
Un sondaggio effettuato in Germania, nel 2018, ha rilevato che il 20% dei partecipanti mangiava fuori casa almeno una volta a settimana. Tra luglio e agosto 2020 è stato avviato un esperimento online che ha interessato principalmente cittadini tedeschi. A metà maggio sulla rivista PLOS Climate è uscito un articolo con i risultati di questo studio. Ciò che è stato fatto è presentare menù classici e menù con l’aggiunta dell’impronta carbonica di fianco a ogni piatto e un’etichetta “a semaforo”, con lo scopo di stimare quanto, questa ulteriore informazione, influenzi la scelta dei clienti. L’esperimento si è svolto online e ai clienti non è stato fornito alcun genere di background ecologico. Che cosa ne è emerso? Che le proposte sostenibili inserite nel menu influenzano la scelta del cliente. Questa indagine ha replicato e superato i risultati di un altro studio svolto non online ma in una mensa universitaria, in cui i commensali sceglievano piatti a basse emissioni per il 4,5% in più quando il piatto vegetariano veniva inserito in cima al menù.
SEMAFORI ED ETICHETTE FUNZIONANO
Allo stesso modo, le etichette di carbonio sembrano avere un effetto sia sul comportamento di scelta che sulle emissioni di gas a effetto serra associate. Come ipotizzato dallo studio, si è verificata una diminuzione delle scelte di piatti ad alta emissione quando per ogni piatto sono state incluse etichette colorate (a semaforo), insieme a un numero che indica l'emissione di gas a effetto serra in kg CO2e. In media, l'emissione di gas serra per piatto era di 0,2 kg CO2e (13,5%) inferiore quando erano presenti etichette di carbonio rispetto a quando erano assenti. In conclusione, da questo studio emerge come inserire gli aspetti informativi e di avvertenza nelle etichette siano fondamentali per favorire cambiamenti nel comportamento di scelta del piatto e di conseguenza sulle relative emissioni di gas serra.
BASTA UN’ETICHETTA?
Uno degli obiettivi è riuscire a sensibilizzare verso scelte migliori, dall’altra parte però è fondamentale anche fornire gli strumenti per capire quello che si sta leggendo e come individuare la scelta migliore. Basta quindi un’etichetta? No. Il ruolo fondamentale è la corretta informazione: iniziare a informarsi su cosa stiamo mangiando e cosa scegliamo ha un doppio beneficio. Il primo riguarda la nostra salute, ci consente di essere consumatori informati e attenti che effettuano scelte ponderate e che rispettino la propria salute. Il secondo riguarda l’ambiente, essere informati su quanto un certo alimento impatta sull’ambiente consente di avere gli strumenti per scegliere l’alternativa meno impattante. Spesso, per non dire sempre, le scelte buone per l’ambiente fanno bene anche alla salute umana. Viviamo in un ecosistema, che è l’insieme di organismi viventi e non viventi che abitano un ambiente e che interagiscono tra loro e con l’ambiente stesso. Viene quindi facile capire come, ciò che influenza l’ecosistema influenza inevitabilmente chi lo vive, e così viceversa. Prendersi cura dell’ambiente significa prendersi cura di noi.
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